Torna l’Asinella dalle fatiche della stalla
e le sovviene, dopo essersi prodigata
nella cura dell’ungulato e del perissodattilo,
che tuttora una piccata risposta
deve ad una pisana corrispondenza
di ben poco amorosi sensi.
Tredici firumisti, pur schifandola in sommo grado,
richiamati da cristiana pietate si allertano
onde scongiurare che la tapina
sia investita da libecciata di sonori schiaffi,
Ammonitore si leva da essi il coro:
che il tuo agire possa evitare, insipiente Asinella,
quello sconsiderato vezzo che ti spinge
a stuzzicare le terga alle vespe
e che alla tua persona conferisce
indubitata fama di essere assai scemarella.
Come ragliante quadrupede
che si sottrae all’opra mondatrice
di acqua e sapone di lavanda,
così la pertinace ancella della stalla
svicola il lungimirante consiglio
e cieca si lancia in un caricare taurino.
Un moto di orrore corre tra i venticinque lettori:
qualcuno grida che l’improvvida amazzone,
non costumata alla tattica pugna,
il fianco agli acerrimi nemici troppo espone,
altri vagheggiano che prenderlo nel fiocco
risulti per lei assai gradito sollazzo.
Torna l’Asinella dalle fatiche della stalla
e ciò che deve essere inevitabile accade:
un agguato malandrino la compiace
con tre palmi di tronco più uno di cappella.
