fosforo311

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  1. Frase da "pietra miliare"? No, solo uno slogan trito e ritrito della destra con qualche deviazione a sinistra, frutto di quella grave degenerazione che è la personalizzazione della politica. Vedasi i vari link in basso. È un fenomeno pernicioso tipico delle dittature di destra e di varie democrazie dopo la caduta del Muro. Ma in Italia all'origine c'è un (sedicente) socialista, da decenni preso a modello dalle destre, famigerato mestierante della Prima Repubblica, il "decisionista" ante litteram. Uomo del fare nel senso di fare soldi (con la politica e con le tangenti). Adesso abbiamo una premier che si atteggia a donna del fare. Roba già vista. Ma un esperto, Flavio Briatore, uomo di destra e fondatore del Movimento del fare, dice che questo "è il governo del non fare". Mentre io mi limito a tradurre un vecchio detto partenopeo: "Chi non fa nulla ha sempre da fare" (Chi nun fa 'nu cazz tene sempe che fa). https://www.panorama.it/abbonati/politica/craxi-il-decisionismo-al-potere https://www.facebook.com/SilvioBerlusconi/photos/a.209718062395640/1149471951753575/ https://www.huffingtonpost.it/politica/2013/08/13/news/flavio_briatore_matteo_renzi_un_uomo_del_fare_per_votarlo_potrei_iscrivermi_al_pd_pier_luigi_bersani_uno_sfigato_-6510617/ https://it.wikipedia.org/wiki/Fare!#:~:text=è un partito politico italiano,Fare!&text=È attualmente attivo come movimento locale nella città di Verona. https://it.wikipedia.org/wiki/Fare_per_Fermare_il_Declino https://quifinanza.it/lifestyle/flavio-briatore-in-politica-nasce-movimento-del-fare/299676/ https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/04/03/flaviobriatore-governo-del-non-fare-parolai-che-la-sparano-per-coprire-i-problemi/7118181/
  2. Va di moda il nucleare "pittato" di verde, come diremmo a Napoli. Cioè una delle forme più diffuse di greenwashing. Perché è chiaro che il nucleare NON è energia verde. Non a caso si parla di idrogeno verde (vettore e accumulatore di energia nella green economy) solo con riferimento a quello elettrolitico con l'elettricità ricavata dalle rinnovabili, mentre ricavandola dal nucleare si parla di idrogeno viola. Affidarsi al nucleare per salvare il pianeta non sarebbe come curare il Covid con la candeggina (ideona di Trump) ma sarebbe comunque controproducente. La mia non è una posizione ideologica ma pragmatica. Oggi il nucleare è troppo costoso e troppo lento da implementare per dare risposte adeguate al problema climatico cogente. I reattori di IV generazione sono di là da venire e potrebbero risultare perfino più costosi e problematici, per non parlare della fusione, mentre un impiego generalizzato di quelli di III generazione sarebbe insostenibile anche sotto il profilo dell'approvvigionamento di uranio e uranio arricchito (quest'ultimo quasi un duopolio tra Russia e Cina). Per queste ragioni giudico illogico e peccaminoso distrarre investimenti dalle rinnovabili verso il nucleare. Tra gli ambientalisti o sedicenti tali che sostengono il nucleare c'è un famoso regista: Oliver Stone. Mercoledì scorso La7 ha mandato in prima serata il suo documentario Nuclear now (2022). Ero curioso e ben disposto ma ho resistito mezz'ora. In sostanza uno spottone monocorde e noioso a sostegno dell'atomo, basato sull'ipotesi che i fossili andranno prima o poi abbandonati ma senza rinunciare alla crescita mondiale. Stone prevede una crescita della domanda elettrica da 2 a 4 volte l'attuale entro il 2050. Dal canto suo la IEA, nel suo scenario da zero emissioni nette al 2050, prevede grosso modo una domanda elettrica cresciuta per un fattore 2,5, un PIL pro capite raddoppiato (con un 20% in più di popolazione mondiale) e una produzione elettronucleare raddoppiata. Ora io non so se questi illusi (o illusionisti) della crescita verde si rendano conto di quanto costerebbe questo raddoppio e di quanto tempo richiederebbe, tenuto conto degli altissimi costi delle nuove centrali, dei lunghi tempi di costruzione e del fatto che nel 2050 buona parte di quelle oggi operative saranno solo un'onere aggiuntivo per i costi (astronomici) di decommissioning. Forse sperano che costi e tempi "cinesi", nonché i relativi standard di qualità e di sicurezza, vengano largamente esportati, ma per il momento non ci sono cantieri di reattori cinesi aperti fuori dalla Cina. L'unico paese dove il nucleare corre, ma dove il fotovoltaico corre anche di più e nel 2022 lo ha sorpassato (423 TWh contro 397 TWh). Ed è ovvio perché, secondo la stessa IEA, il capital cost (cioè il costo di implementazione) del fotovoltaico in Cina nel 2020 era poco più di 1/4 di quello del nucleare e questo divario si dilata nelle proiezioni al 2030 e al 2050 (fino a 1/7 e 1/9 rispettivamente). Mentre in Europa e negli USA, dove il nucleare costa molto più che in Cina, il gap di competitività è e sarà perfino maggiore. Peraltro, ammesso di riuscire a centrare l'obbiettivo della IEA, nel 2050 il nucleare coprirebbe appena il 7,7% della produzione elettrica mondiale contro l'attuale 9,2%, che a sua volta è la quota più bassa degli ultimi 40 anni, ben lontana dal picco del 17,5% raggiunto nel 1996 e seguito da un costante trend in discesa. La tesi di Stone è che il nucleare è e sarà l'unica fonte a zero emissioni in grado di garantire continuità della fornitura energetica richiesta per la crescita economica. Ma ancora la IEA, emanazione dell'OCSE tutt'altro che ostile al nucleare e alla crescita, prevede netti cali anche dei costi degli accumulatori elettrochimici (batterie) ed elettrolitici (idrogeno verde), fino a meno di metà e meno di 1/4 rispettivamente da qui al 2050. Per non parlare dell'ingente potenziale di accumulo idroelettrico, stimato in 22.000 TWh. E allora la domanda è: varrà la pena affrontare il colossale sforzo diseconomico di raddoppiare la produzione mondiale elettronucleare per coprire appena 1/13 dei consumi, o non sarebbe (molto) più razionale puntare tutto sull'efficientamento energetico e sulle sempre più economiche fonti rinnovabili, come ha già fatto la Germania?
  3. Uno lo ha rapidamente individuato e lo ha sorvegliato fino alla fine del primo atto. Poi nell'intervallo ben 4 agenti della DIGOS lo hanno identificato. Cosa aveva fatto di male? E quanti agenti della DIGOS erano infiltrati ieri nel teatro La Scala. E perché hanno sorvegliato e identificato quel cittadino invece di applaudirlo e dirgli bravo?
  4. Non sono abbastanza esperto di lirica per esprimere un giudizio su una rappresentazione di un'opera lunga e difficile come il don Carlo. Per la verità, ieri ho visto solo l'ultimo atto, e non mi è dispiaciuto. Se fosse tra i vivi, chiederei a mio padre, che era un intenditore e lo poneva all'apice della produzione verdiana con Forza del destino e Traviata, anche se la sua preferita era Rigoletto. Mi ha lasciato una vasta e preziosa collezione di libretti d'opera. Io preferisco la sinfonia e il concerto, ma non mi perderò il don Giovanni di Mozart in programma al San Carlo in febbraio. Per inciso, sarà una buona occasione per acquistare un completo scuro: i due che ho risalgono a 25 e 10 chili fa, rispettivamente. Mi pare che i giudizi del pubblico della Scala e della critica siano stati nel complesso positivi, pur con alcune eccezioni. Anche se probabilmente Riccardo Chailly respira meglio dopo la scomparsa del mio concittadino Paolino Isotta, enciclopedico e inclemente critico musicale, che sul famoso direttore milanese così si esprimeva: Chailly è certo sopravvalutato, è ignorante e casca in tutte le trappole del cretinismo musicale... Però ha il cosiddetto braccio... Posso assicurare che molti direttori, anche importanti, l'ultimo complimento da parte di Isotta l'avrebbero gradito anche accompagnato da critiche più feroci. Naturalmente in un forum di politica un commento politico va fatto. Ne faccio due, sotto forma di domande. 1) Perché al tradizionale appuntamento lirico-istituzionale nel giorno di Sant'Ambrogio erano assenti sia Mattarella che Meloni? Nessun motivo di salute, pare che ambedue avessero altri impegni in agenda. Strano. Tra l'altro Meloni ieri mattina era a Milano, ma è ripartita nel pomeriggio. Molto strano. Non vorrei, o forse vorrei, che ci sia attrito tra i due. La settimana scorsa si era parlato di una mancata firma del capo dello Stato sul ddl carne coltivata. Ed è noto che Mattarella firma pressoché sempre: l'ultimo rinvio alle Camere risale se non erro al 2017. Poi in realtà ha promulgato anche la legge sulla carne coltivata avendo il governo precisato la disponibilità ad attenersi alle eventuali osservazioni di Bruxelles. Della serie: sovranisti in casa, yes men (o yes women) in Europa. In ogni caso ci metterei io la firma sul fatto che un costituzionalista come Mattarella non può digerire una riformaccia come il premierato forte di Meloni. Spero che il Quirinale alzi tutte le barricate che può alzare. 2) Perché un cittadino, un loggionista della Scala, che, senza interrompere lo spettacolo non ancora iniziato, grida: "Viva l'Italia antifascista!", viene sorvegliato da un agente in borghese della DIGOS e poi nell'intervallo tra il primo e il secondo atto costretto a farsi identificare da ben 4 agenti? Avrei potuto capirlo se avesse gridato viva il Duce! (apologia del fascismo) o Allah akbar! (con i tempi che corrono), ma non vedo quale minaccia per la sicurezza poteva ravvisarsi in quel grido antifascista. Forse, secondo la DIGOS, c'erano fascisti sul palco d'onore? In questo caso la DIGOS avrebbe dovuto sorvegliare costoro, non solo per proteggerli ma soprattutto per proteggere da loro la senatrice Liliana Segre. E se quel loggionista, puta caso, avesse opposto qualche resistenza o qualche polemica? Se avesse chiesto spiegazioni, magari alzando un po' la voce, e se qualche spettatore vicino, dopo avere apprezzato le sue parole di libertà, gli avesse dato manforte? Poteva nascere un bel casino in diretta TV, radio e streaming sul web. Che peccato che non sia successo nulla di questo: un'occasione persa per ravvivare sul serio l'Italia antifascista e impartire un severo monito ai fascistoidi e ai nostalgici purtroppo presenti nelle istituzioni democratiche.
  5. Il Capitone era contrario al ponte sullo Stretto, ora invece dice che è un "pezzo del puzzle che parte da Palermo e arriva fino a Berlino". https://www.ilgiornale.it/video/cronaca-locale/salvini-ponte-sullo-stretto-pezzo-puzzle-che-parte-palermo-e-2252669.html Un pezzo costoso direi. Ma sarei anche curioso di conoscere quel matto che per andare da Palermo a Berlino o viceversa userebbe l'auto o il treno al posto dell'aereo, optando cioè per un viaggio molto più lungo, in km e soprattutto in ore, e pure più costoso. Per quanto riguarda il traffico merci, dire che il ponte trasformerebbe la Sicilia in un hub di smistamento verso il centro e il nord Europa è una balla grossolana. Una nave proveniente da Suez non scaricherebbe certo a Messina, bensì nei porti di Genova, Marsiglia o Trieste. A prescindere dal ponte.