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C’è Willy, ammazzato dal branco per aver cercato di salvare il suo amico.
C’è Filippo, ammazzato dal branco che dopo averlo preso a calci e pugni è passato con l’auto sul suo corpo non una volta, ma due.
C’è Donato, ammazzato di botte fuori a una discoteca e che ha lottato per sette mesi in un letto d’ospedale prima di morire.
C’è una violenza feroce e insensata in queste infinite tragedie che falciano vite di giovanissimi ragazzi e svuotano da dentro gli animi di chi li amava e ama, e sopravvive loro.
Non hanno bisogno Willy, Filippo, Donato, non hanno bisogno le loro memorie e le loro famiglie di confronti e gare su chi ha avuto più attenzioni e più risalto mediatico.
Non possiamo, ancora una volta, ridurci a questo.
A contare quante ore di tg sia stato dedicato all’uno o all’altro. O peggio guardare le loro carte d’identità e pontificare sulla nazionalità di ognuno.
Sulle origini di Willy che era nero, sugli assassini di Filippo che sì sono cittadini italiani ma i genitori sono albanesi. Su quelli che di Donato o sulle vittime.
In un paese normale simili gare insensate non dovrebbero trovare asilo da nessuna parte. Ma le uniche parole da spendere dovrebbe essere di rispetto e vicinanza alla vittima, di giustizia per i colpevoli e di futuro per evitare che di nuovo la ferocia, la violenza, l’ignoranza tornino a strappare giovani vite alle loro famiglie e alla loro esistenza.
Fonte:
Cathy La Torre
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