Sono contrario alla riapertura delle scuole

Oggi riaprono le scuole in Alto Adige. Poi, in ordine sparso, seguiranno le altre regioni.

Un inciso. Ai miei tempi la prima campanella suonava per tutti il fatidico primo di ottobre. Era anche quello un segno di unità nazionale, valore e sentimento prezioso che stiamo gettando alle ortiche. E stiamo sprecando, con la pandemia, un'occasione unica per rivitalizzarlo.

Nutro la massima considerazione per la funzione sociale, prima ancora che formativa, della scuola. All'età di 4 anni mia madre, maestra elementare, non sapendo a chi affidarmi (non c'erano soldi per la baby sitter e alla scuola materna non ci fu verso di farmi resistere) mi portava in classe con lei. Così imparai precocemente a leggere e a scrivere, e anche a far di conto perché era una seconda elementare. Ma soffrii molto. Invidiavo terribilmente gli alunni e le alunne regolari che avevano il loro bel grembiulino blu con lo scudetto tricolore. L'anno dopo, quando anch'io potei indossarlo, mi sentii finalmente partecipe di una comunità, mi sentii animale sociale. Esperienza di vita fondamentale, l'inizio del percorso indicato da Pindaro: "Diventa ciò che sei". Da molti anni è stato abolito il servizio militare obbligatorio, la divisa (grembiulino blu) si usa ormai solo nella scuola primaria ma non è più obbligatoria nemmeno lì, usarla o meno rientra nell'autonomia scolastica. Eppure la divisa è un simbolo forte di coesione sociale. A mio avviso dovrebbe essere indossata da tutti gli studenti di tutte le scuole, dalle materne all'università. Come andrebbe reintrodotta la leva obbligatoria (anche di soli 3 o 6 mesi). E sarebbe bello se tutti gli italiani vestissero in modo non dico uniforme ma con uno stile comune, tipico, immediatamente riconoscibile dagli stranieri. Invece ognuno fa di testa sua, chi può indossa abiti griffati. E l'individualismo impera, spesso degenera in egoismo e non riusciamo a essere popolo, se non in rarissime occasioni. 

Premesso ciò, io sono contrario a riaprire le scuole nelle attuali condizioni epidemiologiche. Che sono da molte settimane in chiaro seppure lento peggioramento. Apprezzo gli sforzi del governo, della ministra Azzolina (di gran lunga la migliore e la più competente ministra dell'Istruzione degli ultimi decenni) e del commissario Arcuri, ma a mio avviso stiamo sprecando tempo e risorse. Perdurando l'attuale trend negativo, e in particolare un valore di Rt>1, le probabilità di una richiusura forzata (che sarebbe forse ancora più traumatica per il sistema e politicamente più strumentalizzata dalle opposizioni di quella di marzo) sono altissime. Giustamente la ministra ammonisce che il rischio zero non esiste, ma in questo caso temo che non esista nemmeno un rischio ragionevolmente vicino allo zero. Esiste solo un'alea nell'incremento dei contagi che sarà inevitabilmente innescato dalle attività scolastiche (inclusi trasporti, mense, tempo pieno, etc.). Gli studenti, che sono la grande maggioranza dei soggetti coinvolti, dovrebbero pienamente cooperare a minimizzare questo rischio, ma questo a mio avviso possiamo esigerlo solo dai maggiorenni, cioè dagli universitari, e forse dai maturandi del quinto anno delle superiori. Per tutti gli altri insistiamo sulla didattica a distanza, ovviamente migliorandola, e reintroducendo quello stimolo selettivo senza il quale molti allievi si adagieranno nella mediocrità. Mai più tutti promossi grazie al Covid: non possiamo permetterci una generazione di mediocri o peggio di asini. La mia idea è una prova multidisciplinare scritta e una orale in aula alla fine di ogni trimestre (o quadrimestre, volendo). Le prove saranno distribuite nell'arco di una settimana, dal lunedì al sabato, pomeriggi inclusi, in modo da avere in aula, di volta in volta, solo un piccolo numero di studenti per classe. Come negli ultimi esami di maturità che sono stati un bel successo e non hanno fatto assolutamente danni. 

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