L'Italia dello scollamento e delle ruberie continue

Durante questa pandemia abbiamo sentito parlare solo, nella maggior parte dei casi,  della creatività, della solidarietà, dell'impegno professionale ed umano di questo Paese.

 E fin qui, nulla di nuovo-si potrebbe dire- sotto il sole di questa martoriata terra.

Se vai a vedere, però, in profondità c'è da rimanere "choccati" per le numerose nefandezze messe in campo da persone ,sia a livello individuale che imprenditoriale,  proprio in questo periodo. In genere, nei momenti del bisogno, se si è comunità si rema tutti nella stessa direzione : essere solidali. Invece, anche in questa ulteriore disgrazia, l'Italiano non ha cambiato registro, ha fatto quello che è solito fare - ovviamente questo non in tutti- : come sfruttare, anche ricorrendo a metodi truffaldini, il dolore, il lutto, l'emergenza, il bisogno.

C'è da rimanere , dicevo prima . allibiti. Su tutte le reti, sia pubbliche che private - esclusa qualcuna -  non si è parlato che dei comportamenti loschi, truffaldini utilizzati per "vendere" il materiale necessario per la salvaguardia della vita delle persone impegnate in prima fila nella cura degli ammalati. Chi non ha sentito parlare delle mascherine,  dei reagenti, dei tamponi. ecc.ecc..... Materiale strettamente necessario per medici, infermieri, operatori socio-sanitari, delle forze dell'ordine, e via dicendo per finire a noi miseri mortali.

Mi fermo, per un attimo, alle inchieste di REPORT .  Di tutto e di più ! Da un lato tutta la nostra bontà, la nostra eccellenza ( ma non troppo visto come siamo andati a sbattere!) , dall'altro tutta la nostra delittuosità. 

Il nostro presidente della Repubblica predicava  sul " vogliamoci bene", dall'altro il nostro alter ego che si gonfiava il petto, tramava su come approfittare della circostanza  per arricchirsi  vergognosamente. 

Ecco, allora, il ruolo salvifico della stampa: denunciare  i cattivi insegnamenti!

Ne usciremo da questo dramma umano e sociale? I più ottimisti dicono di si. Ma come si fa ad essere ottimisti con tutte queste nefaste notizie che vengono fuori?  Oltre 2.300 miliardi di euro di debito pubblico. Come faremo a chiudere e/o ridurre questo grosso buco se  l'Italia si dimostra un Paese di furbetti della porta accanto, di ladroni " inchiodati" alla sinistra della croce di Cristo che neanche sul punto di morte di redime? 

Personalmente sono molto preoccupato e pessimista. Adesso le buone intenzioni non bastano più. Ci dovrebbero essere atti e fatti concreti.

Noi siamo in grado di lasciare le solite e stucchevoli polemiche politiche e  pensare, per un momento, solo alla salvezza di questa terra.

A quanto si vede in giro, certamente no!

Selpre le solite e superate schermaglie: destra - sinistra .  Non si accorgono che la gente non ne vuole sapere più di questa stucchevole e superata classificazione. Oggi la divisione si deve misurare sulla legalità, sulla giustizia, sulla giusta e corretta divisione della ricchezza.

Il diaframma sta tra l'onesto e il disonesto. Ma su questo nessuno si misura o ha la stoffa per misurarsi e confrontarsi.

Si parla di condono, di tassa piatta. Insomma di non pagare quel che è di Cesare . Tradotto in termini semplici significa: che chi ha frodata la comunità continuerà a frodarla perché è convinto che alla fine verrà premiato. Chi ha fatto il suo modesto dovere di cittadino esemplare riceverà un bel calcio in *** . Al macero l'onestà!

Con queste idee, con questi concetti, con questi presupposti, si può continuare a dire che siamo una comunità?

Chi lo dice, è certamente poco accorto  alle cose che vede e un visionario.

 

 

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1 messaggio in questa discussione

Mi permetto di intervenire in risposta alla Sua visione descrittiva dell'attuale situazione in cui versa non soltanto il nostro Paese, ma gran parte del mondo che ci ospita momentaneamente e che vorrebbe espellerci tutti indistintamente, all'improvviso o con tempi più ampi.

Ebbene, ritengo che non ci sia nulla di nuovo nella reazione mostrata dai cittadini italiani rispetto ad altre emergenze affrontate in epoche diverse, anche lontane. Le passate (sciagurate) occasioni hanno fatto emergere ogni volta strati diversi della società civile che, con forza di volontà e istinto di sopravvivenza, hanno cercato di ricomporre un equilibrio già precario della propria esistenza: cittadini che rimediano (da soli o con l’aiuto della protezione civile) ai danni portati dalle alluvioni, cittadini uniti dalla stessa tragedia dei terremoti nel centro Italia, cittadini che vedono sfilare, decadere e sfilare ancora una classe politica che, generosamente, distribuisce promesse a tutti, accoglie le istanze di tutti, favorisce le aspettative anche dei cittadini che verranno, salvo poi dimenticare che la propria funzione presuppone concretezza e non fantasiose prospettive. Ora, quella che viviamo oggi è certamente una situazione nuova, una variante devastante ai disastri sociali vissuti in precedenza e non è nuovo lo spirito tenace che questa volta, in questa occasione, viene mostrato dai medici e da tutti coloro che lavorano e costituiscono il sistema sanitario nazionale, per aiutare gli altri. Insomma, a prescindere dai tempi e dalle cause, i cittadini si fanno trovare pronti per salvare se stessi e non l'opinione che li riguarda. Gli elogi vengono sempre da quelli che rimangono a guardare: politici (governanti o meno), giornalisti, industriali e manager, nobili decaduti e tromboni intellettuali che suonano l'inno alla demagogia e all'ipocrisia. I cittadini lavorano per questa gente e questa gente spera nel lavoro dei cittadini per paura di scomparire o vedere ridimensionato il loro mondo nascosto in palazzi rinascimentali e distaccato dalle tragedie fatte per il popolo, distante dalle difficoltà quotidiane che si avvicendano con calma e pazienza buddhista. Se la gente comune non crolla, non crollerà neanche lo Stato, perché sono un tutt'uno. Però, tra la gente comune, c'è anche l'elemento disonesto che si appropria di qualsiasi porzione di società civile e si adegua alle circostanze, plasmando se stesso per mimetizzarsi tra gli onesti e apparire addirittura egli stesso il più onesto. Chi vuole riuscire in una truffa deve necessariamente apparire integerrimo, affidabile, credibile, disponibile, altruista e, al limite, anche disinteressato. Il vero disonesto deve essere il modello di onestà per eccellenza, colui che porta benefici inaspettati nel momento del bisogno e se così non fosse morirebbe di fame. Do quindi per scontato che l'estro diabolico, che rende penalmente geniali tanti professionisti della truffa, partecipi attivamente (ma da avversario) alla gestione delle emergenze, favorendo e accentuando la loro criticità. Paradossalmente, i disonesti non fanno soltanto parte del paesaggio sociale e non sono una nicchia innocua a se stante o indifferente rispetto alle sorti comuni che anche loro condizionano approfittando dell'incerto prossimo degli altri, ma sono parte integrante (incivile) della società civile, sono la sfumatura umana che ha capacità e doti intellettuali o artigianali che dimostrano come l'altruismo e la solidarietà degli altri permettano di estendere involontariamente i buoni propositi anche a chi non è in grado di apprezzarli. Caro signore, i disonesti sono una voce del bilancio statale, fanno PIL e creano posti di lavoro. Per esempio, se non ci fossero abbastanza ladri i fabbri avrebbero meno lavoro, servirebbero meno uomini per le forze dell'ordine, le carceri sarebbe meno piene, ci sarebbero meno avvocati, meno spese legali, si venderebbero meno automobili, molti non acquisterebbero una cassaforte o un portafogli nuovo o un telefonino e così via, lungo tutte le diramazioni consumistiche immaginabili. Ma, come dicevo, questo è un paradosso. Potrei anche dire che le diete andrebbero vietate, perché gli obesi farebbero calare i consumi, quindi anche la produzione industriale e la conseguenza sarebbe la perdita di posti di lavoro, con altri risvolti a catena. E' un paradosso anche questo, come lo è  il fatto che il 90enne Emilio Fede venga arrestato per evasione dai domiciliari, mentre diversi mafiosi vengono scarcerati per decorrenza dei termini o perché il Covid li avrebbe presi di mira; è un paradosso avere l'economia sotto zero, ma voler riuscire a tutti i costi a mantenere i vitalizi; è un paradosso perdere le elezioni, ma governare lo stesso un Paese e rassicurare il popolo insistendo sul fatto che così funziona la democrazia; è un paradosso vedere nel nuovo ponte di Genova il simbolo dell'Italia che funziona, quando io, che non credo di essere stravagante o visionario, ho sempre pensato che un Paese efficiente debba essere rappresentato da un ponte che non crolla e non da uno che viene ri-costruito e non proprio in tempi record come si ostinano a ripetere da più parti. Basti pensare che un ponte cinese (in questo caso l’aggettivo non ha l’accezione spregiativa) è stato realizzato in circa otto anni, è lungo 55 km ed è in mezzo al mare!!  Al confronto il ponte di Genova (un chilometro in due anni) è una pedana per le sfilate di moda. Allora perché meravigliarsi di ciò che ci circonda? Ci dicono che dobbiamo convivere con il virus e non ci rendiamo conto che da sempre conviviamo con ospiti molto più pericolosi del Covid19 e che la medicina potrà aiutarci a sconfiggere l'epidemia, ma la politica non ci aiuterà mai a debellare i mali sociali che attanagliano un Paese meravigliosamente lontano da una normalità che sappiamo soltanto definire e mai raggiungere. Ciò non avverrà perché uno dei mali sociali è proprio la politica e questa non potrà curare se stessa fino a quando non ammetterà di essere malata, ma questo non potrà mai avvenire perché il politico non può essere dottore di se stesso, non è un alcolizzato che deve ammettere di avere un problema con la bottiglia e deve fingere costantemente di preoccuparsi dei problemi degli altri che materializzano il suo stipendio. Detto questo, secondo me, Lei non dovrebbe chiedersi se siamo ancora una comunità, ma dovrebbe accertarsi della concezione di comunità che hanno i cittadini. Ce n'è una ideale e illuminata che è propria di coloro che usano l'arte oratoria per non far capire i pensieri e che richiamano in continuazione valori e principi rimasti sempre nei libri e mai applicati; poi, ce n'è un'altra (che ho scoperto anch'io tanto tempo fa) che di teorico non ha nulla, ha invece crudezza e senso pratico che fa risparmiare anche del tempo in discussioni filosofiche impegnative, ma inconcludenti, ed è quella che considera la comunità una pura convenzione, se vuole anche spirituale (perché no?). Una costruzione giuridica che alla sfera teorica, fatta di comuni sentimenti di appartenenza e identità nazionale (ed extra), affianca un laboratorio permanente dove si creano obblighi e doveri e mai aperto al pubblico. Proviamo a pesarli questi obblighi e questi doveri, provia mo a misurarli in chilometri o leghe, litri o galloni, in paoli o sesterzi, in secondi o anni luce, quantifichiamoli rispetto ai diritti che, secondo alcuni, sono naturali e ce li ha dati il Padre Eterno; secondo altri, li abbiamo conquistati con lotte e subendo persecuzioni ben prima che la Terra iniziasse a girare. Per giustificare questa disparità o per limitarla in buona fede, abbiamo a disposizione tanti schemi politici e tante forme di governo che si sono date il cambio nel corso della storia, coltivando ideologie (in quel laboratorio cui accennavo prima) che cambiano la testa della gente ma non la loro condizione sociale. D’altronde, se in un Paese tra i più industrializzati al mondo aumenta la povertà, diminuiscono le nascite, si vive più a lungo, ci sono più pensionati che lavoratori, dove la precarietà è dimostrata scientificamente, dove ci sono mille parlamentari contro i trecento senatori dell'Impero Romano (che, tra l'altro, hanno costruito dei ponti che usiamo ancora oggi e non solo in Italia) e da dove gli italiani cercano di scappare mentre gli extracomunitari vogliono arrivare...beh, come pretende di tenerla insieme una comunità?

 

DvMcEv

 

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