Mi sono imbattuto in un articolo su Travaglio. Lo dedico alle testediminkia che lo apprezzano ..

occuparsi di Marco Travaglio è inutile: da una parte perché sbugiardarlo regolarmente necessiterebbe di un impiego a tempo pieno, dall'altra perché la sua specialità sono soprattutto le sapienti omissioni: i suoi sillogismi di norma sono più brevi e superficiali della verità, che spesso ha il difetto di essere articolata: ma non è ciò che interessa i suoi lettori medi. 

Ai suoi lettori interessa incolpare qualcuno: l'adrenalina e il divertimento gli si accende come per i film di Boldi e De Sica: basta una flatulenza. Quando Travaglio monologava da Michele Santoro poteva essere un problema, perché lo guardava un sacco di gente: ora è conchiuso nel suo Fatto Quotidiano che è tracollato nelle edicole: l'anno scorso si è quotato all'Aim (la Borsina dei piccoli) e ha portato a casa miseri risultati; nell'estate 2018 preventivavano di vendere 10 milioni di azioni e ne portarono a casa circa 2, con il prezzo per azione ridotto a 0,72 per azione;  l'amministratrice Cinzia Monteverdi ammise «Il mercato non era quello che ci aspettavamo». 
Chissà che cosa pensavano che fosse, il loro Fatto Quotidiano: soprattutto considerando che chiuse in rosso il bilancio 2019 per due milioni di euro. 

Sono cose che succedono (quasi a tutti: ma a noi, in questo periodo, no) e comunque, al di là di questo, gli «editoriali» di Travaglio nel tempo perdevano peso: da anni non venivano più propriamente letti bensì al limite «sorvegliati» dagli opinion maker, la gente che conta: tipo una riga sì e dieci no, tanto per capire con chi se l'era presa. La sua naturale vocazione al fallimento in compenso si è sempre rivelata interessante essendo lui un marker negativo: chiunque egli sponsorizzi, cioè, sappiamo già che finirà male. 

Travaglio passò dal Giornale alla Voce: la Voce ha chiuso. Passò al Borghese: il Borghese ha chiuso. Andò in Rai da Luttazzi: gli chiusero il programma. Promosse Raiot della Guzzanti: non è mai andato in onda, e lo stesso vale per i programmi di Oliviero Beha e Massimo Fini. Quando sostenne Caselli all’Antimafia, fecero una legge apposta per non farcelo andare. Ha sostenuto Woodcock: plof. Ha sostenuto la Forleo e De Magistris: la prima cadde in un cono d'ombra, il secondo si dimise dalla magistratura e i suoi processi si rivelarono fuffa. Travaglio sostenne tutti i movimenti poi svaporati e i più vari candidati a importanti cariche giudiziarie: sempre trombati. E Di Pietro, il simbolo? Abbiamo visto. Ci eravamo dimenticati della campagna per Ingroia, prima da magistrato e poi da meteora politica con parentesi guatemalteca: dissoluzione. Poi la svolta: Travaglio partecipò al V-day e protestò contro i fondi pubblici elargiti anche al giornale dove scriveva, l’Unità: che infatti chiuse. 

Pazienza: comunque si era scavato un mestiere (parlar male del prossimo) e la tendenza dei colleghi è stata considerarlo come un ordinario mercante che vendeva prodotti commisurati a un target: che sarà pure composto da idioti, ma era e resta un target. Col tempo e la popolarità, tuttavia, qualche prezzo occorreva pagarlo. Certe incoerenze erano lì, bastava notarle. 
Lui, antiberlusconiano, si scoprì che aveva pubblicato i suoi primi due libri con la Mondadori di quel Berlusconi che intanto era già sceso in politica. La sua ostentata rettitudine si fece grottesca. Citava Montanelli: «Non frequento i politici, non bisogna dare del tu ai politici né andarci a pranzo». A parte che ci andò (una volta ero presente anch'io) non fu chiaro perché coi politici no e coi magistrati sì: come se non fossero entrambi uomini di potere e soprattutto di parte. 

Anche il suo linguaggio peggiorò. Descrisse i giornalisti che celebravano Giorgio Napolitano, per dire, parlando di «lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati», continuando a sfottere il prossimo per i difetti fisici: Giuliano Ferrara «donna cannone», «donna barbuta», il suo ex amico Mario Giordano «la vocina del padrone», poi Brunetta eccetera. 
Se uno non aveva difetti evidenti, li inventava: continua a chiamare me «biondo mechato» anche se è biondo tutto il mio albero genealogico. 

Le incoerenze si fecero lampanti quando fu evidente che il signorino in definitiva lucrava su un «regime» che lo mandava in onda in prima serata su una rete Rai, e che di condanne per diffamazione ne aveva prese eccome, e che proponeva l'abolizione dell'Appello ma poi ricorreva in Appello, e che tuonava contro la prescrizione ma poi non la rifiutava, e che non esitava, lui, l'inflessibile, a prostrarsi ai piedi del querelante Antonio Socci (febbraio 2008) affinché ritirasse una denuncia: «Riconosco di aver ecceduto usando toni e affermazioni ingiuste rispetto alla sua serietà e competenza professionale, e di ciò mi scuso anche pubblicamente».

Ma avevamo cominciato con Bertolaso: perché è contro di lui e contro la sanità Lombarda che il Fatto Quotidiano, dopo anni di routine da pagliacci del circo mediatico, si sono riguadagnati la ribalta dell'infamia. Editoriali titolati «Bertoléso», altri dove gli si dà dell'untore o che relegano i resoconti dell'assessore Giulio Gallera a «televendite» per fini elettorali, o profonde analisi della competette Selvaggia Lucarelli in cui si esorta la Lombardia - che ha fatto comunque miracoli e ha probabilmente la migliore sanità pubblica di questo Pianeta - a «chiedere scusa». Ma non c'è neanche da parlarne. 
Però ricordo bene un'altra volta in cui Travaglio ad Annozero parlò di Bertolaso e delle sue «cattive frequentazioni»; ricordo che Nicola Porro del Giornale gli fece notare che delle frequentazioni discutibili potevano essere capitate anche a lui, a Travaglio, il quale diede di matto e diede a Porro e Maurizio Belpietro di «liberale dei miei stivali», poi scrisse che «non sono giornalisti», «se non si abbassano a sufficienza vengono redarguiti o scaricati dal padrone», «non hanno alcun obbligo di verità» e «sguazzano nella mer da e godono a trascinarvi le persone pulite per dimostrare che tutto è mer da ». 

Ora però, con tutto il rispetto, l’unica mer da giornalistica che ci viene in mente è il giornalismo del Fatto Quotidiano di questi giorni, che, pur di screditare la sanità lombarda, giunge a pubblicare, per dirne una, i verbali del processo a  Roberto Formigoni: come se noi, adesso, ricordassimo appunto le «frequentazioni» di Travaglio – che sono quelle a cui accennavano Porro e Belpietro – quando il direttore del Fatto andò in vacanza con un tizio poi condannato per favoreggiamento di un mafioso, già prestanome di Provenzano; quando telefonò a un siciliano, uno che faceva la spia per un prestanome di Provenzano, e gli chiese uno sconto sulla villeggiatura in Sicilia; quando la sua famiglia e quella di Pippo Ciuro, poi condannato per aver favorito le cosche, si frequentavano in un residence consigliato da questo Ciuro e si scambiavano generi di conforto; quando il procuratore di Palermo Pietro Grasso, sul Corriere, scrisse che Travaglio  faceva «disinformazione scientificamente organizzata». 

E questi sono tutti «fatti», come li definirebbe Travaglio, «fatti» a loro modo ineccepibili, non querelabili. Forse andrebbero spiegati, perché la verità è sempre più complessa e articolata. Beh, è Travaglio a non farlo mai, a non spiegare mai, a non articolare mai a meno che non siano verbali d'interrogatorio, è lui a scrivere barzellette sui malati di coronavirus a cui dovrebbe banalmente baciare il Kulo. 

Travaglio ha scritto che Bertolaso, «più che trovare posti letto, ne ha occupato uno». Poi è passato oltre, per il risolino demente di quei pagliacci e cialtroni che ancora lo leggono. Ha una sola fortuna, il direttore del Fatto: che non c'è un giro un Travaglio che certe infamie gliele ripeta di continuo, in libri e articoli e comparsate televisive. 

Oddio, potremmo anche farlo noi. Io tempo fa lo feci sistematicamente, era anche divertente. Poi a un certo punto smisi perché avevo anche altri interessi, nella vita. Lui, a parte Renato Zero, non sappiamo. 
E’ questa la differenza: noi non vogliamo farlo, questo genere di giornalismo, perché, a differenza sua, tra mille difetti, non facciamo schifo.

F F 

Modificato da mark222220

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5 messaggi in questa discussione

Credo che F F corrisponda a Filippo Facci e scopro che l'eccelso maggiordomo tifa per Libero.

Che tifi Libero anche Leopoldino, nonostante il fatto Quotidiano gli finanzi l'acquisto della villa?

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In questo momento, ahaha.ha ha scritto:

Credo che F F corrisponda a Filippo Facci e scopro che l'eccelso maggiordomo tifa per Libero.

Che tifi Libero anche Leopoldino, nonostante il fatto Quotidiano gli finanzi l'acquisto della villa?

Lei come sempre non capisce un caz.z.o . Io non tifo per nessuno eccetto che per la verità . E di verità , quando c’è il supporto dei fatti , ne esiste una e solo una . Ed esiste a prescindere da chi la dice !! Capisco che per lei , servo fin dalla nascita , questo e’ un concetto di difficile , oserei dire impossibile , comprensione . Ma così e’ e così rimane . Persino per gli archibugiatori falliti . 

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Quindi oggi sappiamo dall'eccelso maggiordomo che la verità, in generale, la scrive Libero, e in particolare a scriverla è Filippo Facci.

Attendiamo conferme da Leopoldino.

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I fatti , idio ta . La verità e’ composta da fatti. lei provi a smontare i fatti . Se ci riesce !!  Vuoi vedere che non ne e’ capace ?? Poveraccio , io queste cose su Travaglio sono anni che le dico . Lei , essendo un poveraccio e grande impostore fa finta di dimenticarlo . Non importa , lei era e rimane uno spazzolatore di mer da nella stalla . 

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E' vero, io raccolgo la kakka delle mucche e la deposito nella concimaia, ma l'impostore bugiardo è lei e mi sembra di averlo e averglielo già dimostrato. 

Nel caso si sia dimenticato della dimostrazione, che dubito mi richiederà, non appena avrò spazzolato la mer da della stalla, ne raccoglierò un pò per smer-dare anche lei.

 

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