Da Totò Riina a Contrada e Dell’Utri Arriva la risposta dello Stato ai propositi di vendetta del boss Giuseppe Graviano

L’età della pietra

 
di Marco Travaglio | 9 luglio 2017

Appena il boss stragista Giuseppe Graviano, intercettato nell’ora d’aria, ha dato segni d’insofferenza e lanciato propositi di vendetta per le promesse non mantenute dai tanti che trattarono con Cosa Nostra per conto dello Stato e anche per conto proprio in attesa di farsi essi stessi Stato fra il 1992 e il ’94, nel biennio delle stragi, lo Stato non ha perso tempo e ha subito risposto. Con una sequenza di atti tutti formalmente legittimi, ma tutti impensabili fino a qualche mese fa. 1) La Cassazione ha respinto il diniego del Tribunale di sorveglianza di Bologna alla scarcerazione di Totò Riina, detenuto da 24 anni al 41-bis per scontare 15 ergastoli, invocando il suo diritto a una “morte dignitosa” nel letto di casa sua, come se fosse la cosa più normale di questo mondo. 2) Forza Italia ha chiesto formalmente agli amici del Pd di ammorbidire il nuovo Codice antimafia che allarga le maglie dei sequestri dei beni a chi risponde “soltanto” di corruzione o concussione, delitti sempre più difficili da distinguere da quelli delle nuove mafie. 3) Marcello Dell’Utri ha chiesto di tornare a casa anche lui per fantomatici motivi di salute, anche se dei 7 anni inflittigli per concorso esterno in associazione mafiosa ne ha scontati solo 3. 4) Lo stesso Dell’Utri ha ottenuto il permesso di farsi intervistare su La7 in una saletta del carcere, caso più unico che raro per un condannato detenuto per mafia e mai pentito, per definirsi “prigioniero politico” e benedire il governo Renzusconi prossimo venturo, mentre l’intrepido intervistatore lo chiamava “senatore”. 5) La Cassazione ha annullato le conseguenze della condanna definitiva di Bruno Contrada a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, in un “incidente di esecuzione” che non entra nel merito del verdetto e discute la colpevolezza, ma rende “ineseguibile e improduttiva di ogni effetto” la sua stessa pronuncia. Questa vergogna senza eguali viene contrabbandata per “garantismo”, mentre scava un fossato ormai incolmabile fra diritto e giustizia, fra regola e prassi, fra imputati di serie A e di serie B, fra potenti e poveracci, fra ricchi e poveri. A furia di depenalizzare reati gravissimi, agevolare prescrizioni, allargare immunità, regalare franchigie ai soliti noti, è sempre più difficile accettare le sentenze di una giustizia forte coi deboli e debole coi forti. Il mese scorso un tizio di Palermo che aveva rubato un pezzo di formaggio in un supermercato di Mondello s’è beccato 16 mesi di galera senza la condizionale: cioè finirà in galera. E quelli che per anni (entro e non oltre il 1994) hanno venduto lo Stato alla mafia la faranno franca l’uno dopo l’altro. Si spera almeno che chi plaude o tace su questo schifo, il 19 luglio ci risparmi le solite corone di fiori in via d’Amelio. E abbia il coraggio di fare sulle tombe di Borsellino e Falcone ciò che fa di nascosto da 25 anni: sputarci sopra.

ora è chiaro anchè perchè l'infermiera che si faceva fotografe ridendo sulle persone morte è stata assolta perchè il fatto non sussiste e, perchè molti politici non vengono condannati sempre perchè il fatto non sussiste ma, sussiste solo per i poveri !

 

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2 messaggi in questa discussione

Un altro grande e illuminante articolo del grande Marco. Anch'io, nel mio piccolo, insisto da sempre sul medesimo concetto: L'Italia è una nave che sta lentamente affondando, guidata da incapaci al livello di Schettino, i quali non capiscono che la falla più grossa è quella della giustizia.

Saluti

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...."capiscono che la falla più grossa è quella della giustizia"..... il problema è quello, LA MAGISTRATURA, c'è nella situazione Italiana una lacuna di fondo; esiste giustamente  la separazione dei poteri e la politica giustamente non può interferire sulla magistratura,  la magistrature giustamente può intervenire sulla politica quando politici commettono reati, però nessuno può giudicare i magistrati o meglio, esiste un sistema di  autogoverno in base al quale la magistratura si autogiudica da sola, non esiste cioè un potere terzo indipendente sia dalla politica che dalla magistratura che possa giudicare in modo imparziale i magistrati ;  poi non è esatto dire che la politica non possa intervenire sulla magistratura, può fare leggi che di fatto la bloccano, può non fare assunzioni nei tribunali, può  rendere i tribunali non in grado di giudicare in tempi brevi in modo da fare scattare decadenze e prescrizioni alle quali poi si sommano indulti e condoni ;  anche la magistratura però può intervenire a "gamba tesa" sulla politica, lo fa con l'interpretazioni delle legge interpretate talvolta in modo tale da stravolgerle, lo fa con la giustizia ad orologeria che scatta in momenti precisi per colpire avversari politici, purtroppo è così c'è una parte di magistratura che è politicamente militante,  giudici che si sospendono, entrano in parlamento poi tornano in magistratura .... e così facendo la separazione fra magistratura e politica va a farsi friggere (modo simbolico di parlare)

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