Nel frattempo la formidabile testadiminkia saurata tace ed sparisce ...

Quindi dai calcoli de Il Sole24ore questo anno di governo razzo/scappati da casa , ci è costato 5 miliardi di interessi extra sul debito pubblico (extra significa oltre quelli che avremmo normalmente pagato a tassi correnti prima dell'insediamento del governo). E questo “magnifico”risultato è opera di leghisti e grillini insieme, quelli che ora litigano e si prendono a pesci in faccia. Aggiungiamo poi i costi delle loro riforme (reddito cittadinanza, quota cento, decreto dignità, etc.) che hano prodotto il brillante risultato di una crescita del pil pari a zero (0!!) e traiamone le conseguenze. Questo fallimento del populismo ha due protagonisti. Indovinate un po’ chi sono ?? Ahi ahi ahi , come rimpiango i tempi del Caudillo !! Magari sarà stato un feroce dittatore , ma almeno i conti erano a posto , abbondavano i segni più ed ha lasciato in mano a questi cialtroni una Italia credibile  rispettata in Europa . Questi ne hanno fatto strame...!! Saluti 

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6 messaggi in questa discussione

Hai bisogno di rivolgerti con estrema urgenza alla Professoressa Liliana Dell'Osso

https://www.ao-pisa.toscana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=268:uo-psichiatria-1&catid=108&Itemid=113

Se tu non fossi un analfabeta terminale con seri problemi psichiatrici saresti in grado di leggere i DEF che trovi sul sito del MEF.

Sapresti che gli interessi passivi contabilizzati nel conto economico delle amministrazioni pubbliche sono i seguenti (in milioni di euro):

2014 74.377

2015 68.018

2016 66.440

2017 65.641

2018 64.979

2019 63.984 (dato previsionale)

Dedicati alla rivendita professionalmente organizzata di salumi e caciotte ed eventualmente posta la tua autorevole opinone riguardo alla campagna acquisti dell'Inter.

Buona opposizione di inquisiti di sinistra a tutti

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Ahahahaha , ma te , analfabeta patentato, sai di che stiamo parlando oppure butti lì tabelle che non centrano un caz.z.o. ??? Ahahahaha , ammazza che idio ta . Toh , rifatti la bocca prima di augurare la buona opposizione di inquisiti di sx . Ahahahaha 

 

Il Sole 24 Ore, 19 agosto 2019

 

L’incertezza politica costa 5 miliardi d’interessi extra sul debito

  


Mentre la politica annuncia tagli alle tasse, si arrovella su come evitare l’aumento dell’Iva e litiga sul calendario, il Governo gialloverde vive un passaggio decisivo (domani Conte riferirà al Senato) lasciando all’Italia una gabella da 2,8 miliardi nel 2019 e da altri 2,3 nel 2020. Un conto che il Paese non avrebbe dovuto pagare se, sui mercati, i BTp e i BoT si fossero comportati come i più tranquilli titoli di Stato spagnoli. E che invece deve onorare: a tanto ammontano infatti gli interessi aggiuntivi, rispetto a quelli che avremmo pagato se avessimo avuto tassi uguali a quelli di un Paese paragonabile all’Italia, come appunto la Spagna, su tutte le emissioni di titoli di Stato effettuate tra maggio 2018 e agosto 2019.
Si tratta di interessi effettivi, non stimati: il calcolo – effettuato per Il Sole 24 Ore da un primario ufficio studi italiano che preferisce non apparire – è realizzato su tutti i titoli di Stato emessi durante il Governo Conte. Dai BoT fino ai BTp. Se è vero che i tassi d’interesse in termini assoluti sono scesi da quando è uscita la prima bozza del contratto di Governo il 15 maggio 2018 (i BTp decennali erano a 1,92% e sono a 1,4% ora), è altrettanto vero che negli altri Paesi un tempo chiamati Pigs i tassi di mercato sono calati molto di più. La Spagna è passata nello stesso periodo dall’1,32% allo 0,15% attuale, il Portogallo dall’1,71% allo 0,18% e l’Irlanda addirittura è scesa sotto zero dall’1,05% del 14 maggio 2018. In un mondo che ormai ha 15mila miliardi di bond a tassi negativi, l’Italia continua insomma a pagare rendimenti anomali. Eccessivi. Questo è il conto dell’incertezza. Del populismo. Della retorica no-euro.
Un anno in altalena
Per capire l’anomalia bisogna guardare al contesto. Da fine 2018 i rendimenti dei titoli di Stato sono scesi in tutto il mondo. Soprattutto nell’area euro: il rallentamento economico unito all’incertezza geopolitica hanno infatti convinto le banche centrali (e la Bce è in prima fila) ad annunciare politiche monetarie più espansive. La Bce dovrebbe tagliare i tassi e avviare un nuovo programma di acquisti di titoli di Stato (il cosiddetto quantitative easing). Queste notizie hanno favorito gli acquisti su tutti i titoli obbligazionari e dunque hanno ridotto i loro rendimenti: ormai il 65% dei titoli di Stato europei paga interessi negativi. Ci sono Paesi, come la Germania o l’Olanda, che raccolgono finanziamenti a rendimenti sotto zero anche per trent’anni. Per capirci: gli Stati si indebitano e alla scadenza restituiscono agli investitori meno soldi di quelli che hanno preso in prestito.
Ma l’Italia è esclusa da questo club: la politica monetaria della Bce da noi ha quindi meno effetto che altrove. Non tanto per quello che il Governo gialloverde ha fatto. Non tanto per le sue scelte di politica economica. Ma per un motivo ben preciso: per la retorica no-euro. Il mercato per mesi ha avuto paura (anche in maniera irrazionale) che l’Italia potesse un giorno uscire dall’euro. Per chi investe in titoli di Stato questo è un problema: gli investitori che prestano euro comprando BTp non vogliono certo farsi restituire lire svalutate alla scadenza. Per cui ogni scontro con Bruxelles è stato interpretato per tutto l’anno dal mercato – a torto o ragione – come la possibile anticamera di Italexit. Questo è il motivo principale (insieme all’allergia per la disciplina di bilancio) per cui i tassi d’interesse sui titoli di Stato italiani sono più elevati che altrove: perché incorporano (e soprattutto hanno incorporato) il rischio di ridenominazione in una valuta più debole. Quando gli investitori sono convinti di rischiare di più, chiedono tassi più alti.
Il costo per Stato, banche e imprese
Qui non si tratta di giudicare il Governo. Il punto è un altro: se solo l’Italia avesse ridotto i rendimenti dei titoli di Stato come hanno fatto gli altri Paesi, anche quelli un tempo in crisi come la Spagna o il Portogallo, oggi avremmo qualche miliardo di interessi da pagare in meno. Come detto, 2,8 solo tra maggio 2018 e dicembre 2019. Il conto è stato fatto prendendo le emissioni di titoli di Stato di ogni mese, e calcolando il loro costo annuo aggiuntivo rispetto ai rendimenti di durata analoga pagata dai titoli di Stato spagnoli. E dato che i titoli di durata superiore a un anno emessi nel 2019 continueranno a pagare le cedole anche nel 2020, l’extra-costo viene traslato anche all’anno prossimo: solo per le emissioni già effettuate da maggio 2018 ad agosto 2019, nel 2020 l’Italia avrà dunque 2,3 miliardi di interessi aggiuntivi. Conto al quale andranno sommati gli interessi dei titoli ancora da emettere.
E non è solo lo Stato a soffrire: dato che lo spread dei BTp trascina verso l’alto anche i rendimenti di tutte le obbligazioni italiane, da quelle delle banche a quelle delle imprese, un conto (più difficile da quantificare) è stato pagato anche da loro. Nel Paese che avrebbe bisogno di fondi per investire e per assumere lavoratori, ne avremmo fatto volentieri a meno

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L'articolo è molto divertente, sembra scritto apposta per chi di economia ne capisce una mazza.

L'autorevolissimo studio è infatti "effettuato per Il Sole 24 Ore da un primario ufficio studi italiano che preferisce non apparire".  Quindi un primario ufficio studi che preferisce non firmare i suoi studi.

Una cosa giusta la gazzetta rosasalmonata però la scrive: "gli Stati si indebitano e alla scadenza restituiscono agli investitori meno soldi di quelli che hanno preso in prestito".

La domanda interessante, alla quale il perissodattilo pisano è invitato a rispondere, è la seguente:

è normale che gli investitori ricevano alla scadenza meno di quanto abbiano prestato?

Buona opposizione di inquisiti di sinistra a tutti

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51 minuti fa, ilsauro24ore ha scritto:

L'articolo è molto divertente, sembra scritto apposta per chi di economia ne capisce una mazza.

L'autorevolissimo studio è infatti "effettuato per Il Sole 24 Ore da un primario ufficio studi italiano che preferisce non apparire".  Quindi un primario ufficio studi che preferisce non firmare i suoi studi.

Una cosa giusta la gazzetta rosasalmonata però la scrive: "gli Stati si indebitano e alla scadenza restituiscono agli investitori meno soldi di quelli che hanno preso in prestito".

La domanda interessante, alla quale il perissodattilo pisano è invitato a rispondere, è la seguente:

è normale che gli investitori ricevano alla scadenza meno di quanto abbiano prestato?

Buona opposizione di inquisiti di sinistra a tutti

Ahahahahaha , vuoi sapere il nome di chi ha scritto l’articolo?? Ti accontento subito : si tratta di Morya Longo , giornalista economico finanziario del Sole 24 tra i più quotati in campo europeo . Ti invio un breve curriculum in modo che tu possa darle del “divertente “ e magari correggerlo visto la tua altissima competenza . Ahahahaha 

MERCATO

Il Sole 24 Ore fa il bis al Premio giornalistico State Street 2018

Il Sole 24 Ore fa il bis al Premio giornalistico State Street 2018

Sono 2 i premi, su 5 categorie, che Il Sole 24 Ore ha conquistato al “Premio giornalistico State Street 2018”, dedicato al riconoscimento dell’eccellenza nel giornalismo economico-finanziario italiano e assegnato oggi a Milano da State Street Corporation, fornitore a livello mondiale di servizi finanziari per investitori istituzionali: alla redazione online del Sole 24 Ore è stato attribuito il Premio Innovation per il longread multifirma “Dove nasce la nuova Italia” e a Morya Longo è andato il Premio Giornalista dell’anno autore del miglior scoop.

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Lo comunica una nota del gruppo che spiega come il premio, che in questa ottava edizione ha avuto come Presidente della Giuria Tecnica Paola Profeta, professore associato di Scienza delle Finanze dell’Università Bocconi, ha passato al vaglio per la categoria Innovation articoli a carattere economico-finanziario particolarmente innovativi nella forma – infografica, video, animazioni, ecc. – o nel contenuto, pubblicati nel periodo compreso tra luglio 2017 e giugno 2018. A conquistare la giuria è stato il longform “Dove nasce l’Italia”, coordinato dal vice direttore per il digitale Roberto Bernabò e realizzato dai giornalisti del Sole 24 Ore Marco Alfieri, Paolo Bricco, Laura Cattaneo, Alberto Magnani, Francesco Prisco, Luca Tremolada, che insieme a tre fotografi hanno raccontato dal 13 maggio 2018 quattro luoghi del cambiamento del sistema paese, tra passato e futuro, attraverso un prodotto giornalistico innovativo che fonde scrittura, immagini e grafici. Il longform, online all’indirizzo 24o.it/nuovaitalia, è costruito con testi, una timeline interattiva che riassume i fatti salienti dal 1965 al 2018, i principali dati economici del paese (Pil e export), video, infografiche e un’analisi sulla trasformazione e le prospettive dell’industria in Italia. Un format innovativo che deve il suo successo al lavoro di team tra giornalisti, designer e sviluppatori del Sole 24 Ore.

Al giornalista della redazione Finanza&Mercati del Sole 24 Ore Morya Longo è stato inoltre assegnato il Premio Giornalista dell’anno autore del miglior scoop per l’articolo “Paradisi fiscali, colpi di hacker e blocchi: la storia di Bitfinex, regina del Bitcoin” pubblicato il 19/12/2017. Un’inchiesta dettagliata sulla principale “Borsa” su cui vengono scambiate le criptovalute, ovvero il lato oscuro del Bitcoin e di chi sta guadagnando con il suo boom.

I 100 giornalisti candidati all’edizione 2018 per un totale di 238 articoli sono stati valutati da una giuria indipendente composta da esponenti del mondo accademico e del settore finanziario, presieduta da Paola Profeta, Professore Associato presso il dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Bocconi, affiancata da Silvia Bosoni, Responsabile ETF, ETP e Fondi Quotati di Borsa Italiana, e Serena Torielli, Fondatore e CEO di AdviseOnly. I finalisti sono stati infine selezionati da una giuria composta da giornalisti senior.

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Probabilmente ti è sfuggito che all'autorevolissimo Morya Longo è stato assegnato un premio per un'inchiesta che non ci azzecca niente con il demenziale articolo che hai postato. 

La domanda rimane senza risposta:

è normale che gli investitori ricevano alla scadenza meno di quanto abbiano prestato?

Per rispondere alla domanda lascia stare Morya Longo e apri un manuale di economia. Va bene anche il testo adottato presso la Barbershop University "Carmine Petruzziello" di Soccavo (NA).

Buona opposizione di inquisiti di sinistra a tutti

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22 minuti fa, ilsauro24ore ha scritto:

è normale che gli investitori ricevano alla scadenza meno di quanto abbiano prestato?

no non è normale, ma è quello che succedeva e torna a succedere anche in italia per chi ha acquistato bot tramite banca.

Asta BoT, i rendimenti tornano negativi per la prima volta da aprile

Il Tesoro ha collocato Bot semestrali per 6,5 miliardi di euro con tassi crollati di nuovo in territorio negativo. Il rendimento sul titolo a sei mesi è sceso a -0,025% da 0,215% dell'asta precedente, segnando i minimi da aprile 2018. La domanda è stata pari a 1,82 volte l'importo offerto, in rialzo da 1,33 precedente.

I tassi di interesse negativi, che di fatto comportano il pagamento di una commissione da parte di chi li detiene invece che l’incasso di un rendimento, sono uno degli effetti più rilevanti della politica monetaria della Bce che da tempo ha portato a -0,4% la remunerazione sui depositi (deposit facility in gergo) allo scopo di incentivare le banche a fare impieghi.

La misura ha avuto l’effetto di calmierare tutti i tassi a breve scadenza nell’eurozona. Di fatto oggi buona parte dei Paesi dell’Eurozona non sostiene alcun costo di rifinanziamento sul debito a breve scadenza ma anzi incassa un guadagno (il tasso negativo appunto). Un privilegio che è maggiore nel caso dei Paesi ad alto merito di credito come la Germania, la Francia, l’Austria o l’Olanda.

Nel caso della Germania ad esempio oggi si registrano rendimenti negativi sui titoli di Stato fino alla scadenza di 5 anni (il Bund a 5 anni rende -0,33%). Lo stesso vale per la Francia (-0,056%).

Anche l’Italia ha potuto per diverso tempo beneficiare dei tassi negativi. Seppur su scadenze più brevi come i 2 e 3 anni. Questo privilegio si è avuto fino ad aprile dello scorso anno quando l’impennata di tassi e spread su BoT e BTp ha fatto salire il costo di rifinanziamento a breve scadenza del Tesoro. Il recente allentamento della tensione sui titoli di Stato italiani ha tuttavia fatto scendere i tassi sul mercato secondario riportando quelli a sei mesi sotto zero. Ciò ha permesso al Tesoro di tornare a rifinanziarsi anche sul mercato primario a tassi sotto zero.

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