ECCO GLI HONESTI - COME IL DI MEJO SI NASCONDERA' NELL'IMPUNITA'

a GRILLINO TI VOGLIO DIRE...TU SOSTIENI UN PREGIUDICATO,CONDANNATO PIU' VOLTE
La procura di Torino ha citato in giudizio per diffamazione l’attuale sottosegretario all’Economia Laura Castelli (M5s). Il procedimento si riferisce a un post pubblicato dall’esponente grillino su Facebook nel 2016, alla vigilia delle elezioni amministrative nel capoluogo piemontese, con critiche (ora considerate diffamatorie) a una candidata del Pd, Lidia Roscaneanu. Il post aveva ricevuto numerosi commenti con insulti razzisti e sessisti. Per tale ragione la procura procede anche contro una ventina di commentatori. Il tribunale dovrà fissare la data dell'inizio del processo. Per Castelli la procura aveva chiesto inizialmente l'archiviazione, ma nel gennaio 2018 il gip Paola Boemio ha ordinato di formulare il capo di imputazione.

La Castelli condivise l’immagine, che ritraeva Lidia Roscaneanu insieme a Piero Fassino, avanzò una serie di allusioni e immediatamente attivisti e simpatizzanti fecero partire il linciaggio social. Dopo avere spiegato che Lidia lavorava nel bar interno del Palazzo di Giustizia di Torino, il cui appalto era stato affidato dal Comune “con ribasso sospetto” a “un’azienda fallita tre volte”, l’autrice si chiedeva “quali legami” ci fossero tra la ragazza e l’allora sindaco. Fra numerosi commenti lasciati dagli internauti comparvero insulti e volgarità a sfondo sessista e razziale. “Sei la badante di Fassino”, “sei l’amante di Fassino”, fino a raggiungere più espliciti e offensivi riferimenti sessuali, al punto che più di un esponente dem parlò apertamente di “macchina del fango”. Roscaneanu aveva spiegato che prestava servizio come cassiera, che non sapeva nulla di appalti e che l’immagine postata dalla parlamentare era stata tagliata in modo che non comparisse l’altra candidata presente al momento dello scatto. Alle elezioni - disse - non si presentò per il disagio, avvertito anche sul luogo di lavoro, che le procurò la pubblicazione del post. E annunciò querela.

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I  sondaggi  non  cambiano  la  verità

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