Sento un cattivo odore . Di Mer da !!

 

1 ora fa, fosforo41 ha scritto:

Se quel povero nigeriano, che aspetta ancora di essere pagato per il suo lavoro e i suoi diritti, è una faccia di mer..., allora il maleducato Renzi (Tiziano) è una faccia di marmo. Del marmo che si usa per i sepolcri imbiancati. Che brutta gente!

La brutta gente e’ quella come te che collabora con un governo razzofascista. Dare della brutta gente a chi non ha nemmeno una condanna sul groppone e’ sinonimo di malafede e di persona poco raccomandabile . Non oso pensare se il padre di Renzi avesse fatto le “porcherie” che hanno fatto da rei confessi i padri di Di Maio e di Di Battista peraltro orgogliosamente dichiaratisi Fascisti cosa avrebbe potuto dire la testadiminkia Fosforo 41.  Deve scusarmi il Sig. Ahaha.ha ma proprio non ce la faccio a mantenere la promessa . Del resto ditemi come si fa a rimanere in silenzio verso un ebe te che nel 2019 si dichiara tifoso della lotta di classe e della dittatura del proletariato definendosi Comunista comunitarista ed affida le sorti per raggiungere il Sol Dell’Avvenir a Conte ( buona fortuna e buon lavoro Presidente Giuseppe Conte - Fosforo , Cazzaro di Napoli il 24/05/2018 ) ed al duo Di Maio /Salvini  , a Grillo che ha fatto fortuna grazie ad una politica fatta a colpi di offese triviali , menzogne e circonvenzione di incapaci . Pari pari come il Cazzaro di Napoli . E sto ebe te ora , viene a definire maleducato Tiziano Renzi con una faccia tosta simile alla Mer da , visto che un tribunale , in nome del popolo italiano , ha condannato il suo beniamino fascista Travaglio per averlo diffamato e calunniato al pagamento di 150.000 euro . Il Cazzaro e’ un imbecil le oltre che un pezzodimmerda e, probabilmente , la colpa di tuttocio’ e’ da ricercarsi nell’educazione che ha ricevuto all’interno della propria famiglia . Di sicuro . Ed i sepolcri imbiancati erano probabilmente i luoghi frequentati da “Ammazza chi te’ muorto “. Vergognati stron zo !! 

 
Dove apparente volgarità fa rima con antica sapienza, appunto, capitolina, se non romanesca, da antico “famo a capisse!” Sottintesi che subito suscitano un calore vincente agli occhi del vicinato capitolino, e forse, sai che ti dico, anche fuori dal Raccordo Anulare. Sempre plasticamente parlando, Antonio Maria Rinaldi sembrerebbe sorgere da un ideale Caf cittadino che, per esemplificare, definiremo sovranista, euroscettico, piccolo simposio sulle basi essenziali del diritto espresse appunto sotto casa, tra l’uscio del gommista, l’immancabile Punto Snai, cioè la Roma dei loden avvocateschi del quartiere Prati: piazzale Clodio, Pretura di viale Giulio Cesare e Corte dei Conti in viale Mazzini. AMR come valore pop aggiunto e perfino propellente cazzaro al bla bla politico e governativo, parole perfette per chi abbia in antipatia gli “alcolisti” di Bruxelles, e infatti vuoi forse mettere in dubbio ciò che dice “papale papale” un docente universitario “di Organizzazione dei processi economici del Corso di Laurea Triennale in Economia Aziendale Internazionale e del Corso di Laurea Magistrale in Gestione Aziendale dell’Università degli Studi Link Campus University,” così nel sito della stessa università? A maggior ragione se quest’ultimo porta una dialettica che, accanto ai volti di Juncker e di Moscovici, consente di visualizzare perfino Cacini e Fra’ *** da Velletri, estensioni fantasmatiche degli impostori che a suo tempo hanno trascinato l’Italia nella gogna dell’euro. Rinaldi, pronto a rivelarsi meglio di San Crisogono martire, patrono di Trastevere, in qualsivoglia palinsesto televisivo, attivo, compunto e operante ora su Raitre ora da Andrea Pancani a “Coffee Break” La7, sempre rivolgendosi al mondo come se si affacciasse dallo sportello-arengario del suo Caf, quasi avesse davanti un cliente giunto a mostrargli come stimmate le cartelle esattoriali Rinaldi parla, agita le sopracciglia, corruga la fronte, mette la mano a pigna nel gesto interlocutorio tipico, e rassicura, come chi la sappia davvero lunga, come chi riesca davvero a riconoscere le insidie del potere infame e dei suoi paraculi, indicando idealmente in tutte le possibili Agenzie delle entrate del mondo il feticcio del nemico, proprio lui, aria da fiscalista, occhiali bifocali doverosamente a metà naso, e davvero non importa quanto siano fattibili le cose, il reddito di cittadinanza, l’abrasione della moneta unica, le garanzie che giura di offrirti per conto dei suoi referenti, la Lega e i suoi alleati, se davvero mai riceverai gli agognati arretrati che rivendichi… Di sicuro però lui adesso è lì per rassicurare, dicendo, appunto, come nell’amara querelle, metti, tra Aldo Fabrizi e il suo segretario infedele che “quelli” sono tutti ladri, che quelli vogliono da te “solo li quatrini”, dunque se n’annassero a morì ammazzati… Dove “quelli” sono, appunto, per estensione, i “vampiri” di Strasburgo, i maledetti che vollero l’euro…Nella situazione data, per definizione grave, ma non seria, Antonio Maria Rinaldi va immaginato come il San Girolamo di Antonello da Messina nello studio, alle sue spalle i dorsi dei codici in austera mostra, la scrivania dalle zampe di leone, come era un tempo d’obbligo anche negli studi di notai e medici, forse anche la bottiglia di cognac alloggiata nel suo classico affusto, il cesto natalizio rimasto incellofanato, il cd di Califano. D’altronde, si sa, in prossimità dei ministeri, le lenti bifocali portate a metà naso conferiscono autorità, l’idea della “competenza” finalmente affermata da signori professionisti giunti per dire “prima gli Italiani”. E infattiRinaldi ammicca verso chi gli è accanto, fosse anche Maurizio Gasparri, con complicità da comune caffè “al vetro”consumato magari alla torrefazione di piazza Sant’Eustachio, proprio dietro Palazzo Madama, in attesa di sicuri consensi ammicca poi alla “gente”, a quelli che “non arrivano alla fine del mese”, lui, il “tributarista del popolo”, e un attimo dopo si schernisce quando gli fanno notare, sempre più “papale papale”, che da un momento all’altro sempre per lui potrebbe aprirsi le porte di un ministero, sì, Antonio Maria Rinaldi, ministro che “parla come mangia”.Già, mentre il suo interlocutore del Pd lo placca e gli dice “… ma lei oggi è un importante suggeritore del governo, lo ammetta, avanti…”, lui si impone la faccia che riassume modestia, spirito di servizio, pratiche ancora inevase sugli scaffali del Caf, “… no, a me interessa come sta la ggente, mi interessano i problemi della ggente”, e come dice “gente” lui, probabilmente neppure nei più rinomati locali della Collina Fleming.L’uomo, il prof, il sovranista così pronuncia e allora resta davvero da immaginarlo sul trono ministeriale. D’altronde, non è forse vero che certe pubbliche fortune giungono in modo inaspettato? Se non gli Italiani, in questa storia meravigliosamente capitolina certamente sarà presto il caso di sentir dire, come davanti a un sesterzio di Commodo, “Prima Rinaldi!”.
 
Dove apparente volgarità fa rima con antica sapienza, appunto, capitolina, se non romanesca, da antico “famo a capisse!” Sottintesi che subito suscitano un calore vincente agli occhi del vicinato capitolino, e forse, sai che ti dico, anche fuori dal Raccordo Anulare. Sempre plasticamente parlando, Antonio Maria Rinaldi sembrerebbe sorgere da un ideale Caf cittadino che, per esemplificare, definiremo sovranista, euroscettico, piccolo simposio sulle basi essenziali del diritto espresse appunto sotto casa, tra l’uscio del gommista, l’immancabile Punto Snai, cioè la Roma dei loden avvocateschi del quartiere Prati: piazzale Clodio, Pretura di viale Giulio Cesare e Corte dei Conti in viale Mazzini. AMR come valore pop aggiunto e perfino propellente cazzaro al bla bla politico e governativo, parole perfette per chi abbia in antipatia gli “alcolisti” di Bruxelles, e infatti vuoi forse mettere in dubbio ciò che dice “papale papale” un docente universitario “di Organizzazione dei processi economici del Corso di Laurea Triennale in Economia Aziendale Internazionale e del Corso di Laurea Magistrale in Gestione Aziendale dell’Università degli Studi Link Campus University,” così nel sito della stessa università? A maggior ragione se quest’ultimo porta una dialettica che, accanto ai volti di Juncker e di Moscovici, consente di visualizzare perfino Cacini e Fra’ *** da Velletri, estensioni fantasmatiche degli impostori che a suo tempo hanno trascinato l’Italia nella gogna dell’euro.Rinaldi, pronto a rivelarsi meglio di San Crisogono martire, patrono di Trastevere, in qualsivoglia palinsesto televisivo, attivo, compunto e operante ora su Raitre ora da Andrea Pancani a “Coffee Break” La7, sempre rivolgendosi al mondo come se si affacciasse dallo sportello-arengario del suo Caf, quasi avesse davanti un cliente giunto a mostrargli come stimmate le cartelle esattoriali. Rinaldi parla, agita le sopracciglia, corruga la fronte, mette la mano a pigna nel gesto interlocutorio tipico, e rassicura, come chi la sappia davvero lunga, come chi riesca davvero a riconoscere le insidie del potere infame e dei suoi paraculi, indicando idealmente in tutte le possibili Agenzie delle entrate del mondo il feticcio del nemico, proprio lui, aria da fiscalista, occhiali bifocali doverosamente a metà naso, e davvero non importa quanto siano fattibili le cose, il reddito di cittadinanza, l’abrasione della moneta unica, le garanzie che giura di offrirti per conto dei suoi referenti, la Lega e i suoi alleati, se davvero mai riceverai gli agognati arretrati che rivendichi…Di sicuro però lui adesso è lì per rassicurare, dicendo, appunto, come nell’amara querelle, metti, tra Aldo Fabrizi e il suo segretario infedele che “quelli” sono tutti ladri, che quelli vogliono da te “solo li quatrini”, dunque se n’annassero a morì ammazzati… Dove “quelli” sono, appunto, per estensione, i “vampiri” di Strasburgo, i maledetti che vollero l’euNella situazione data, per definizione grave, ma non seria, Antonio Maria Rinaldi va immaginato come il San Girolamo di Antonello da Messina nello studio, alle sue spalle i dorsi dei codici in austera mostra, la scrivania dalle zampe di leone, come era un tempo d’obbligo anche negli studi di notai e medici, forse anche la bottiglia di cognac alloggiata nel suo classico affusto, il cesto natalizio rimasto incellofanato, il cd di Califano.D’altronde, si sa, in prossimità dei ministeri, le lenti bifocali portate a metà naso conferiscono autorità, l’idea della “competenza” finalmente affermata da signori professionisti giunti per dire “prima gli Italiani”. E infattiRinaldi ammicca verso chi gli è accanto, fosse anche Maurizio Gasparri, con complicità da comune caffè “al vetro”consumato magari alla torrefazione di piazza Sant’Eustachio, proprio dietro Palazzo Madama, in attesa di sicuri consensi ammicca poi alla “gente”, a quelli che “non arrivano alla fine del mese”, lui, il “tributarista del popolo”, e un attimo dopo si schernisce quando gli fanno notare, sempre più “papale papale”, che da un momento all’altro sempre per lui potrebbe aprirsi le porte di un ministero, sì, Antonio Maria Rinaldi, ministro che “parla come mangia”.

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