Drin drin drin ...!!

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Primo Piano

CITOFONATE A PAPERINO

E' l'unico che sa dove trovare i soldi promessi in campagna elettorale: nei caveau di zio Paperone.

 

Ieri sera, alle 20, il premier Conte assicurava che il famoso decreto Genova era in viaggio  verso il Quirinale. Stamattina, alle 8,30 Di Maio assicura che “in giornata” arriverà al Quirinale: probabilmente sulla schiena di una tartaruga.

1- In realtà, il decreto non si è mai mosso dagli uffici ministeriali perché è impresentabile, a 40 giorni dal crollo del ponte Morandi. Il ministero delle infrastrutture è lesto nel produrre documenti in cui si accusa Autostrade di ogni delitto, ma il decreto no, non riescono a scriverlo: non si sa chi ricostruirà il ponte, chi pagherà, chi sarà il commissario. Un caos completo. E basterebbe già questo spettacolo per squalificare un governo.

2- Ma poi c’è la legge di stabilità, che Di Maio minaccia di non votare (e quindi di votare contro se stesso).

Si tratta di soldi, ovviamente. Trascuriamo il fatto che secondo lo stesso Di Maio, in campagna elettorale, c’erano 70 miliardi già belli e pronti per il reddito di cittadinanza. Arrivato al ministero, sono misteriosamente spariti: zero.

Allora si punta sui debiti. Il ministro dell’economia, Tria, come noto vuole avere al massimo un deficit dell’1,6 per cento del Pil. In moneta questo fa una trentina di miliardi (a debito) da poter spendere. Una ventina, però, se ne vanno per non far scattare l’Iva e altre spese non rinviabili. Rimangono dieci miliardi in tutto. Dieci miserabili miliardi con i quali fare pensione e reddito di cittadinanza, flat tax, abolizione Fornero. Il programma originale, presentato alle elezioni (vinte) comportava invece una spesa collocabile fra i 110 e i 130 miliardi. A consuntivo, cioè, siamo, nella realtà, a un decimo di quanto era stato promesso.

3- Infatti la flat tax non sarà una flat tax, ma una semplice riduzione delle imposte per le aziende più piccole. L’abolizione della Fornero rimane un sogno leghista: si anticipa solo l’età della pensione, per chi lo vuole (a spese dell’azienda).

4- Il grande mistero è il reddito di cittadinanza. Lo si vuol dare a almeno 5 milioni di persone. Ma con 10 miliardi a disposizione (anzi, 5 perché gli altri 5 vanno alla Lega) resta poco: mille euro all’anno a testa, nemmeno 100 euro al mese per ogni beneficiario: una pizza con morosa alla settimana, poi tutti a mangiare gli spaghetti di mamma (come oggi).

5- Di Maio è furioso e minaccia di non votare. Ma i soldi sono quelli. Sbagliò lui a non fare i conti prima di promettere: si deve decidere a studiare queste benedette tabelline.

6- Da qui l’idea di andare non all’1,6 per cento di deficit, ma al 2,8: in questo modo salterebbero fuori un’altra quindicina di miliardi. Va già meglio. Solo che con il deficit al 2,8 per cento da Bruxelles fanno partire gli F30 per spianare palazzo Chigi, e di Maio e Salvini devono scegliere la via dei campi, tenendo stretto il fagottino della merenda.

7- Più ragionevolmente sembra che ci si assesti intorno all’1,8-1,9 di deficit: la commissione avrebbe fatto sapere che, entro questi limiti, potrebbe chiudere un occhio. Ma si tratta solo di 4-5 miliardi in più. Il reddito di cittadinanza sempre una miseria rimarrebbe, una presa in giro. Da qui la furia di Di Maio che si sente preso in giro dai numeri. I soldi ci sono, continua a ripetere come certi malati di una volta, vanno spesi per gli italiani. E’ vittima, cioè, delle sue stesse bugie: i soldi non ci sono e non ci sono mai stati. Ci sono invece 2300 miliardi di debiti.

8- Come finirà? Con Di Maio che accuserà Soros, Renzi, i poteri forti, i funzionari del Mef, Paperino, la massoneria, le Ong, Medici senza frontiere e i rettiliani di averlo sabotato.

In realtà, non ha ancora imparato a fare le somme e le sottrazioni. E, forse, ha qualche malattia seria: vede montagne di soldi dove ci sono solo debiti.

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3 minuti fa, mark222220 ha scritto:

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Primo Piano

CITOFONATE A PAPERINO

E' l'unico che sa dove trovare i soldi promessi in campagna elettorale: nei caveau di zio Paperone.

 

Ieri sera, alle 20, il premier Conte assicurava che il famoso decreto Genova era in viaggio  verso il Quirinale. Stamattina, alle 8,30 Di Maio assicura che “in giornata” arriverà al Quirinale: probabilmente sulla schiena di una tartaruga.

1- In realtà, il decreto non si è mai mosso dagli uffici ministeriali perché è impresentabile, a 40 giorni dal crollo del ponte Morandi. Il ministero delle infrastrutture è lesto nel produrre documenti in cui si accusa Autostrade di ogni delitto, ma il decreto no, non riescono a scriverlo: non si sa chi ricostruirà il ponte, chi pagherà, chi sarà il commissario. Un caos completo. E basterebbe già questo spettacolo per squalificare un governo.

2- Ma poi c’è la legge di stabilità, che Di Maio minaccia di non votare (e quindi di votare contro se stesso).

Si tratta di soldi, ovviamente. Trascuriamo il fatto che secondo lo stesso Di Maio, in campagna elettorale, c’erano 70 miliardi già belli e pronti per il reddito di cittadinanza. Arrivato al ministero, sono misteriosamente spariti: zero.

Allora si punta sui debiti. Il ministro dell’economia, Tria, come noto vuole avere al massimo un deficit dell’1,6 per cento del Pil. In moneta questo fa una trentina di miliardi (a debito) da poter spendere. Una ventina, però, se ne vanno per non far scattare l’Iva e altre spese non rinviabili. Rimangono dieci miliardi in tutto. Dieci miserabili miliardi con i quali fare pensione e reddito di cittadinanza, flat tax, abolizione Fornero. Il programma originale, presentato alle elezioni (vinte) comportava invece una spesa collocabile fra i 110 e i 130 miliardi. A consuntivo, cioè, siamo, nella realtà, a un decimo di quanto era stato promesso.

3- Infatti la flat tax non sarà una flat tax, ma una semplice riduzione delle imposte per le aziende più piccole. L’abolizione della Fornero rimane un sogno leghista: si anticipa solo l’età della pensione, per chi lo vuole (a spese dell’azienda).

4- Il grande mistero è il reddito di cittadinanza. Lo si vuol dare a almeno 5 milioni di persone. Ma con 10 miliardi a disposizione (anzi, 5 perché gli altri 5 vanno alla Lega) resta poco: mille euro all’anno a testa, nemmeno 100 euro al mese per ogni beneficiario: una pizza con morosa alla settimana, poi tutti a mangiare gli spaghetti di mamma (come oggi).

5- Di Maio è furioso e minaccia di non votare. Ma i soldi sono quelli. Sbagliò lui a non fare i conti prima di promettere: si deve decidere a studiare queste benedette tabelline.

6- Da qui l’idea di andare non all’1,6 per cento di deficit, ma al 2,8: in questo modo salterebbero fuori un’altra quindicina di miliardi. Va già meglio. Solo che con il deficit al 2,8 per cento da Bruxelles fanno partire gli F30 per spianare palazzo Chigi, e di Maio e Salvini devono scegliere la via dei campi, tenendo stretto il fagottino della merenda.

7- Più ragionevolmente sembra che ci si assesti intorno all’1,8-1,9 di deficit: la commissione avrebbe fatto sapere che, entro questi limiti, potrebbe chiudere un occhio. Ma si tratta solo di 4-5 miliardi in più. Il reddito di cittadinanza sempre una miseria rimarrebbe, una presa in giro. Da qui la furia di Di Maio che si sente preso in giro dai numeri. I soldi ci sono, continua a ripetere come certi malati di una volta, vanno spesi per gli italiani. E’ vittima, cioè, delle sue stesse bugie: i soldi non ci sono e non ci sono mai stati. Ci sono invece 2300 miliardi di debiti.

8- Come finirà? Con Di Maio che accuserà Soros, Renzi, i poteri forti, i funzionari del Mef, Paperino, la massoneria, le Ong, Medici senza frontiere e i rettiliani di averlo sabotato.

In realtà, non ha ancora imparato a fare le somme e le sottrazioni. E, forse, ha qualche malattia seria: vede montagne di soldi dove ci sono solo debiti.

Non sanno dove trovar soldi per mantenere quelle promesse da marinaio.

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