Come ti schiavizzo il lavoratore e sotterro la dignità

Nessuno li aveva mai visti, gli scaffalisti del Carrefour. Prendevano servizio alle 22, quando gli altri, quelli assunti per davvero, finivano il turno. Per dieci anni hanno lavorato di notte, riempiendo gli scaffali per una nuova giornata di acquisti. Da un mese a questa parte invece, nei tre supermercati del milanese (Paderno, Assago e Carugate), gli scaffalisti - una settantina in tutto - sono usciti dalle tenebre. Ora cominciano il turno alle sei e restano lì fino alle dieci, spalla a spalla con i dipendenti Carrefour. Che però hanno una paga oraria di 10,89 euro, mentre loro ne prendono 6,90. Il motivo? Sono al soldo di una “cooperativa”. Quindi hanno meno diritti. 

E pensare che le coop sono garantite dall’articolo 45 della Costituzione, che ne riconosce «la funzione sociale e ne favorisce l’incremento». Per crescere, sono cresciute eccome: stando a una stima degli ispettori del lavoro, nella filiera produttiva ogni duemila lavoratori fissi ci sono altre quattromila persone esternalizzate in una coop. Nelle regioni del Nord si stima che il 25 per cento della forza lavoro sia alle dipendenze di una cooperativa, che di mutualistico ha ben poco. Eppure è perfettamente legale, o quasi. Del resto, grazie al ministro uscente del Lavoro, Giuliano Poletti, nonché a causa del Jobs Act che ha ridotto le sanzioni per i reati di somministrazione illegale di manodopera a poco più di un buffetto, la situazione dei “soci” delle cooperative è pesantemente peggiorata e fa dell’Italia una Repubblica fondata sul lavoro illecito.

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