Aumenta la disuguaglianza, 1% del mondo è ricco come il restante 99%
Iniziata da
markozelek,
9 messaggi in questa discussione
Sì ma questi 8 i soldi come se li sono fatti? questo è il punto
7 minuti fa, stesteph ha scritto:Sì ma questi 8 i soldi come se li sono fatti? questo è il punto
la butto lì... droga, armi, prostituzione, finanza scellerata (per noi, ovvio, non per loro), vado avanti?
In questo momento, tomriddle72 ha scritto:la butto lì... droga, armi, prostituzione, finanza scellerata (per noi, ovvio, non per loro), vado avanti?
Non ce lo vedo Bill Gates fare soldi con la prostituzione....
1 minuto fa, markozelek ha scritto:
Non ce lo vedo Bill Gates fare soldi con la prostituzione....
per lui la finanza scellerata allora
ma mai dire mai!!!
8 minuti fa, tomriddle72 ha scritto:la butto lì... droga, armi, prostituzione, finanza scellerata (per noi, ovvio, non per loro), vado avanti?
non sarai un po' esagerato? mica tutti sono criminali!
Ma lasciamo stare i ricchi. Il problema possono essere loro?
si si ci credo che i ricchi vogliano far diventare meno ricchi i ricchi
Numeri sempre più raccapriccianti, squilibri sempre più devastanti nella distribuzione della ricchezza. Davanti ai fenomeni globali ed epocali delle migrazione economiche, del sottosviluppo e della malnutrizione, del disagio sociale che colpisce i paesi ricchi, specie nelle periferie degradate delle metropoli, e anche davanti alle guerre locali, ai fanatismi e ai terrorismi (che quasi sempre hanno concause economiche: se i paesi islamici avessero una distribuzione del reddito simile a quella dei paesi scandinavi, è assai dubbio che vi allignerebbe il fanatismo religioso), io credo che nessuno possa dubitare che il più grande problema dell'umanità nel 2017 è la disuguaglianza economica. Eppure fino a pochi anni fa i teorici del liberismo (o neoliberismo che dir si voglia) si spingevano a sostenere la tesi doppiamente assurda che la disuguaglianza non solo è cosa giusta, perché premia i più capaci e punisce i peggiori, ma è anche cosa buona in quanto motore della competizione, dello sviluppo e della crescita. Tesi banalmente falsa perché se la disuguaglianza dilata la forbice tra i migliori e i peggiori, tra i capaci e gli incapaci, tra i ricchi e i poveri (ammesso e non concesso che le prime e le seconde categorie coincidano rispettivamente tra loro), allora il destino ultimo di un sistema economico mosso dal motore disuguaglianza è una società spaccata in due tra pochissimi e ricchissimi "migliori" (al limite uno solo) e tutti gli altri, poverissimi. Una non società dove pochi paperoni vivrebbero arroccati nelle loro fortezze colme di denaro illudendosi di poter resistere all'assalto dei nullatenenti, ma finendo per essere nullatenenti essi stessi perché una quantità anche ingente di denaro che non può circolare non è ricchezza, è carta straccia, è nulla. Questo ragionamento svolto per una società di individui si può svolgere in modo analogo per il mercato globale e le nazioni. Le nazioni più ricche sempre più ricche, tutte le altre sempre più povere, alla fine scompare il mercato globale e anche Germania e USA chiudono bottega (cioè le fabbriche). La concentrazione della ricchezza è dannosa anche nel sistema produttivo. Il grande gruppo fagocita i piccoli ***, alla fine resta il monopolista, la competizione finisce, il mercato degenera nel suo opposto, il prodotto è omologato e uniforme, nasce già vecchio, come le automobili della sovietica Zaz o i pesticidi della multinazionale Monsanto. La disuguaglianza, alla lunga, punisce tutti, impoverisce tutti, azzera la ricchezza, distrugge l'economia. Ma neanche troppo alla lunga. L'effetto rigenerativo della disuguaglianza economica è intrinseco al sistema di libero mercato. E' un effetto di controreazione positiva (positiva solo in senso matematico, lo dico per chi non conosce l'elettronica e la teoria dei Controlli Automatici): la causa amplifica l'effetto che a sua volta amplifica la causa, etc.. E' un meccanismo perverso che da disuguaglianza crea altra disuguaglianza, dove per giunta il feedback è sempre più intenso e veloce al progredire della tecnologia, dell'informatizzazione del lavoro e dell'automazione nei processi produttivi, e della conseguente finanziarizzazione dell'economia, consentendo al ricco capitalista di incrementare sempre più velocemente la sua ricchezza (apparente) ed emarginando un numero crescente di disoccupati, precari, poveri, disperati del mondo ricco e del Terzo Mondo. Un meccanismo che, se non viene controbilanciato da misure redistributive della ricchezza e del reddito (tassazione progressiva, intervento dello Stato, sussidi, accoglienza, solidarietà interna e internazionale, etc.) non può che condurre rapidamente a effetti disastrosi. La controreazione positiva produce instabilità e squilibrio, ed è opera dell'uomo, o meglio dell'homo technologicus. La natura non funziona così, la natura tende all'equilibrio e alla stabilità, in natura vige il principio di controreazione negativa. Si pensi al principio di Le Chatelier della chimica, che tutti abbiamo studiato alle superiori. Pensiamo anche alla biologia e al mondo animale. Più i predatori si ingrassano e si moltiplicano, più le prede si spopolano e di conseguenza dimagriscono e diminuiscono i predatori raggiungendo un punto di equilibrio. Anche gli uomini hanno obbedito a questo principio per tutta la preistoria e larga parte della storia, in Occidente grosso modo fino all'Ancien regime, cioè fino agli albori della Rivoluzione industriale. L'economia delle società tribali era (ed è tuttora nelle foreste dell'Amazzonia e della Nuova Guinea) un rigido comunitarismo. Tutto era bene comune, tutto era condiviso in parti uguali tra i membri della tribù. Tutto il necessario s'intende. Il capo, oltre al potere, aveva solo qualche gingillo e qualche tatuaggio in più, non ricchezza ma mero ornamento e segno distintivo. Le sole forme di scambio erano il baratto e il dono (quest'ultimo sacro e sempre contraccambiato). Le prime società civili conobbero invece la più pura e duratura forma di comunismo reale, che non fu certo quella dei 70 anni dell'impero sovietico bensì quella dei circa 3000 anni di storia degli Imperi dei Fiumi (Egizi, Sumeri, Assiri, Babilonesi, Harappa dell'Indo). Economie rigidamente centralizzate e pianificate che non conoscevano né il mercato né il denaro (inteso nella sua accezione più propria di intermediario degli scambi): i tributi al sovrano, ovvero allo Stato, erano pagati essenzialmente sotto forma di lavoro. Il denaro nasce solo nel VII secolo a.c. (in Lidia secondo Erodoto) e con esso nasce il mercato, e con essi le disuguaglianze economiche. Ma il mercante, cioè colui che campa sulla differenza di prezzo tra ciò che vende e ciò che compra, resta per tutta l'antichità una figura reietta e impura (fuori i mercanti dal tempio!). Per non parlare dei prestatori a interesse, gli antesignani dei banchieri, considerati per secoli poco al di sopra degli appestati. Insomma, la storia dimostra che l'uomo, proprio in quanto "animale sociale", non è naturalmente incline alla disuguaglianza, all'arricchimento personale, al profitto. Bensì è naturalmente incline al lavoro, finalizzato al soddisfacimento delle necessità personali e collettive. Con il passare dei secoli e con il progredire delle conoscenze e delle tecnologie, l'uomo si è per così dire snaturato, è diventato egoista e superbo, ha preteso di fare un ulteriore salto di categoria dopo quello che l'aveva condotto a dominare sugli animali: ha assaggiato il frutto proibito e ha preteso di dominare sugli altri umani, cioè di essere uguale a Dio. E quel frutto non è stato in realtà una mela offerta dal Serpente, bensì lo "sterco del diavolo", il denaro. L'inganno nacque da mere esigenze pratiche, cioè per facilitare e rendere più equi gli scambi rispetto al vecchio sistema del baratto, ma poi il concetto di denaro ha finito per essere snaturato e travisato anch'esso. Tanto è vero che oggi, specie nel mondo occidentale, il denaro è considerato quasi sinonimo di ricchezza. Nei paesi ricchi, infatti, esso si muove con una velocità tale che non riusciamo a percepire la differenza tra questo mero intermediario, che ha un valore puramente convenzionale e variabile (anche in modo drastico, es. nei casi di inflazione galoppante), e i beni materiali reali e duraturi che con esso è possibile comprare e possedere (pressoché tutti, se si ha denaro a sufficienza). Mentre in realtà ricchezza e denaro sono due cose profondamente diverse. Massimo Fini ce lo spiega con un esempio magistrale. Se in un'economia di mercato priviamo un uomo di tutto il suo denaro e nessuno gli regala del cibo, egli muore di fame. Se però, per ipotesi, prendiamo tutto il denaro del mondo e lo buttiamo nel cesso, l'umanità va avanti. E' proprio questa grande illusione del denaro, questo puerile inganno la causa prima delle disuguaglianze e dei problemi del mondo contemporaneo. L'illusione di diventare sempre più ricchi e superiori agli altri accumulando denaro. La felicità collettiva misurata dal PIL, quella individuale dal conto in banca. Un'illusione collettiva che si autoalimenta, che resiste al giudizio razionale, dunque una patologia collettiva, una droga di massa. Che, si badi bene, colpisce soprattutto i cosiddetti ricchi, ma non solo. Chi fugge dall'Africa e sfida la morte per venire in Europa non è solo mosso dalla fame ma anche dal sogno di arricchirsi al livello di un europeo, di comprarsi subito lo smartphone e magari un giorno anche la Mercedes. Paradossalmente questi migranti affidano il loro destino proprio a quelli che hanno sfruttato e dissanguato i loro popoli, entrano nel cuore di quel sistema economico che ha causato il disastro del loro continente (del tutto autosufficiente sul piano alimentare fino ai primi anni '60). Cito ancora Massimo Fini: "L'integrazione nel mercato mondiale ha distrutto le economie di sussistenza (autoproduzione e autoconsumo) su cui quelle popolazioni avevano vissuto, e a volte prosperato, per secoli e millenni, oltre al tessuto sociale che teneva in equilibrio quel mondo". Ma è illusorio anche pensare, in un'economia ormai irreversibilmente globalizzata (con tutti i pro e i contro del caso), che gli squilibri di un continente in esplosione demografica non possano perturbare gli equilibri, già precari per cause endogene, del mondo ricco. Del tutto illusorio chiuderci nel deposito-fortezza di zio Paperone.
L'umanità va avanti se e solo se recupera i suoi valori universali, le sue vere e peculiari ricchezze, che sono soprattutto quelle morali. Due cose solamente mi commuovono: il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me, diceva un filosofo universale che non uscì mai dalla sua città natale. Ama il tuo nemico, diceva un altro filosofo universale che non uscì mai dai confini della Palestina. Dobbiamo a tutti i costi rinsaldare quella social catena, spezzata dall'egoismo e dalla superbia, che fu l'ultima speranza del più pessimista dei poeti, e spezzare la tragica illusione delle magnifiche sorti e progressive dell'uomo tecnologico. Nel 2017 l'obbiettivo primario, l'imperativo categorico di ogni governo della parte ricca del pianeta non può che essere: abbattere le disuguaglianze, interne ed esterne. E' necessaria e urgente una nuova rivoluzione universale, la Rivoluzione dell'Uguaglianza e della Solidarietà.
Crea un account o accedi per commentare
È necessario essere registrati per poter lasciare un messaggio
Inviata
passano i secoli ma certe cose non cambiano mai.
e in ogni caso noi riteniamoci fortunati, che siamo comunque dalla parte "giusta" del mondo
Condividi questo messaggio
Link al messaggio
Condividi su altri siti