Bravo Matteo .

“Sono un uomo felice.  Spesso proviamo vergogna davanti alla felicità. È un concetto strano: viviamo un mondo in cui il senso del pudore è totalmente rimosso in moltissimi campi. Però se uno afferma ad alta voce di essere felice sembra quasi che affermi un concetto tabù, sembra quasi che susciti imbarazzo. Io sono felice. E non mi vergogno a dirlo. Ho avuto dalla vita doni immensi, a cominciare dalla mia famiglia. Ho avuto la fortuna di svolgere incarichi di grande responsabilità per la città nella quale sono nato. E ho rappresentato l’Italia al G20, al G7, alla guida delle istituzioni europee. Ancora oggi sono un rappresentante del popolo italiano. Non sono più in prima fila, è vero. Ma i galantuomini che guidano le principali istituzioni e che godono di un ampio consenso sono stati scelti anche grazie alla nostra iniziativa politica, che rivendico con orgoglio. Si metta, dunque, il cuore in pace chi pensa di trovare qui il catalogo del vittimismo.
La lamentazione di chi si compiace nel farsi compian­gere non mi appartiene. Io sono altro, io sono altrove. Io sono felice. E questo mi fa vivere bene, affrontando anche una mole di ingiustizie e di scandalose aggressioni che mi hanno trasformato agli occhi di molti italiani in un mostro. Gli americani la chiamano “character assassination”: è la distruzione della reputazione delle persone. In una stagione della storia in cui il “mi piace” sembra essere l’unica cosa che conta, la distruzione della reputazione è un danno enorme.
Eppure rivendico il diritto di dire che sono ancora qui, in piedi e sorridente, anche se ciò che mi hanno fatto ha prodotto un incredibile processo di mostrificazione di cui ancora oggi pago i danni. In questo libro racconto dei fatti. Atti e fatti. Non ci sono commenti, suggestioni, analisi sociologiche. Ci sono dei dati di fatto che forse vi faranno pensare”.  Io non voglio fare la vittima. Voglio raccontare ciò che è successo dicendo perché ho scelto di combattere a viso aperto contro le ingiustizie. Perché ho scelto di denunciare in sede civile e penale, convinto che la legge sia uguale per tutti. Per i politici, certo. Ma deve essere uguale per tutti davvero, anche per certi magistrati, an­che per certi giornalisti.
E mentre racconto atti e fatti che mi hanno reso un mostro agli occhi di molti miei connazionali, torno a confessare che rifiuto il vittimismo. Perché sono e resto un uomo felice. Chissà che non sia questo ciò che – alla fine – non mi perdonano".

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