Il Primo Maggio di Beppe Grillo
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fosforo311,
11 messaggi in questa discussione
6 ore fa, tiberio1946 ha scritto:LAVORARE MENO, LAVORARE TUTTI!
uno slogan degli anni '70
Già ma Grillo che fa ? Fa lavorare gli altri ?
7 ore fa, tiberio1946 ha scritto:LAVORARE MENO, LAVORARE TUTTI!
uno slogan degli anni '70
e non certo di grillo....che essendo un enorme ipocrita ha preferito trasferirsi in Svizzera per non pagare tasse e vuol continuare ad imbrogliare fingendosi dalla parte dei lavoratori, che le tasse le pagano.....
22 ore fa, tiberio1946 ha scritto:LAVORARE MENO, LAVORARE TUTTI!
uno slogan degli anni '70
"Lavorare meno lavorare tutti" è uno slogan comunista degli anni '70.
Perché proprio di quel periodo? Perché, finito il boom economico, arrivarono le prime crisi e cominciò a salire la disoccupazione. Nello stesso periodo arrivarono i primi robot nelle fabbriche, sottraendo ulteriore lavoro agli operai. Nel più grande stabilimento italiano, Fiat Mirafiori, dove negli anni '60 lavoravano fino a 65.000 persone, i robot arrivarono nel 1974, per l'esattezza alla catena di montaggio della 124. Oggi Mirafiori occupa meno di 10.000 operai.
Perché è uno slogan comunista? Ovvio: un'ideologia che prevede la proprietà collettiva di tutti i mezzi di produzione deve prevedere anche la piena occupazione. Ma senza mortificare i proprietari, cioè i lavoratori. Che quindi osserveranno turni di lavoro ragionevoli, in modo che tutti abbiano un posto di lavoro stabile e dignitoso, adeguato alle loro capacità, e un'adeguata quantità di tempo libero. Che è necessario quanto il lavoro per vivere in modo umano e dignitoso. Solo gli schiavi non hanno diritto al tempo libero. Dunque, lavorare meno lavorare tutti è perfettamente coerente con la massima fondamentale del comunismo:
"Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo le possibilità"
che peraltro Marx copiò dagli Atti degli Apostoli (versetti 4-32,35). Le prime comunità cristiane possiamo considerarle, almeno sotto l'aspetto economico, un'archetipo della società comunista.
Ma non c'è solo il discorso ideologico. Direi anzi che oggi è secondario. Lavorare meno lavorare tutti è una sempre più impellente NECESSITÀ PRATICA. L'hanno capito gli innumerevoli imprenditori illuminati di tutto il mondo, dalla Germania alla Spagna, dalla Nuova Zelanda al Giappone, che sperimentano con successo settimane lavorative corte o cortissime per i loro dipendenti. I quali in genere rispondono con una maggiore produttività oraria, maggiore coesione e fiducia nell'azienda, minori sprechi e inquinamenti. Per la verità economisti liberali e lungimiranti e capitalisti seri e razionali hanno ben presente questo concetto e questa necessità pratica fin dagli anni '30 del secolo scorso.
Nel 1930, in un celebre discorso dal titolo Prospettive economiche per i nostri nipoti, J.M. Keynes enfatizzava il valore del tempo libero, parlava con incredibile lungimiranza di una "nuova malattia", la chiamava "disoccupazione tecnologica" e ammoniva: "...dovremo adoprarci di far parti accurate di questo 'pane' affinché il poco lavoro che ancora rimane si distribuito fra quanta più gente possibile". E proponeva una soluzione: una settimana lavorativa di 15 ore distribuite su 5 turni di 3 ore, come obbiettivo da raggiungersi entro 100 anni, cioè entro il 2030. Mancano appena 8 anni, la disoccupazione tecnologica è sotto gli occhi di tutti e con l'intelligenza artificiale e la globalizzazione andrà sempre peggio, ma siamo ben lontani dall'obbiettivo di Keynes. In particolare in Italia dove la settimana lavorativa standard è ferma da decenni alle 40 ore e dove si lavora in media per molte più ore che in Germania e altri paesi europei ma con minore produttività oraria. Ovvio: lavorando di più ci si stanca di più, ci si concentra di meno e si è meno efficienti nel lavoro.
Leggiamo poi questa illuminante lettera, datata 5 gennaio 1933 e indirizzata da Giovanni Agnelli (cofondatore della FIAT e nonno dell'Avvocato) all'economista e allora senatore Luigi Einaudi:
https://it.linkedin.com/pulse/giovanni-agnelli-luigi-einaudi-domenico-de-masi
In sostanza Agnelli diceva: con il progresso tecnologico (degli anni '30!) il lavoro che richiedeva 100 operai oggi lo svolgono in 80. Quindi 20 restano disoccupati e costretti a tagliare i loro consumi, danneggiando la produzione e l'economia nazionale. E proponeva, esattamente come Keynes, di adeguare l'ordinamento del lavoro, ovvero la riduzione della settimana lavorativa, alla velocità del progresso tecnologico. Oggi, purtroppo, lo scostamento tra le due velocità è ancora più marcato rispetto ai tempi di Keynes e Giovanni Agnelli, specie in paesi immobili come l'Italia.
Il più Cazzaro e più bugiardo tra i forumisti , Fosforuccio da Napoli, secondo solo al l’idio ta Alessandro Orsini , insiste , credendo che ci siamo dimenticati le bastonate da lui già incamerate sull’argomento negli anni scorsi , sul vecchio slogan anni 70 “Lavorare meno , lavorare tutti “. Attenti pronti e via ed ancora, ad anni di distanza, tira fuori una teoria che Kejnes mai si e’ sognato di pronunciare . Allo scopo ripeto la domanda posta da anni non solo da me ma pure da altri forumisti alla quale , però , il Cazzaro di Napoli , non ha mai risposto . Il perché e’ molto semplice : Kejnes non l’ha mai detto !! Ha detto altro sul problema ma nessuna affermazione così estemporanea , come vuol far passare il Pukcinella partenopeo , e’ uscita dalla sua bocca . Eppure sarebbe molto semplice , per il Cazzaro di Napoli , ammutolire la platea e citare come , quando e perché , l’illustre economista , l’avrebbe pronunciata . Non lo farà nemmeno stavolta e sposterà il discorso sul gol di Mertens contro il Sassuolo , sulla palla di servizio di Berrettini , sulle ricottine di Agerola e sul nonno materno posteggiatore autorizzato. Quella teoria tanto pubblicizzata dal Cazzaro e’ inverosimile ed irrealizzabile . Lo e’ al punto che 2 ottimi economisti , Pierre Cahuc e André Zylberberg, professore a Sciences Po l’uno , e direttore emerito del Cnrs l’altro ( quindi non proprio “turboliberisti”, per usare la neolingua populista del Cazzaro ), dedicano al tema un intero passaggio del proprio libro “Contro il negazionismo. Perché in economia serve più rigore scientifico” . Il primo caso citato è la Germania tra 1984 e 1994. Nonostante il calo da 40 a 37,7 ore della settimana lavorativa fosse stato accompagnato da una pressoché totale compensazione salariale, come auspicato dal Cazzaro di Napoli , il numero degli occupati non solo non è aumentato, ma è diminuito. Stessa storia per il Canada tra il 1997 e il 2000: nonostante una diminuzione del 20 per cento delle ore lavorate “in più” rispetto alla settimana-base, non c’è stata nessuna miracolosa crescita occupazionale. Neppure i nostri cugini d’oltralpe francesi sono stati più fortunati. Parafrasando Cahuc e Zylberberg, i lavoratori francesi maggiormente affetti dalla riduzione della settimana lavorativa (da 40 a 39 ore) del 1982 hanno perso il proprio impiego con maggiore frequenza negli anni successivi. Ciò proprio a causa della pressione salariale dovuta a mantenere invariato il compenso mensile. Persino Thomas Piketty, autore de "Il Capitale nel XXI Secolo", anch’egli economista francese, considerato come rivoluzionario fustigatore del capitalismo, sostiene che “l’applicazione delle 35 ore nel 1997-1998 rappresenti un grave errore a livello di politica economica e sociale”. Di più: in tutti quei paesi dove c’è stato un periodo , chiamiamolo di osservazione , per valutarne la bontà , hanno precipitosamente abbandonato quella linea visto i livelli di produttività enormemente più bassi . Insomma, senza volere infierire troppo verso il Pulcinella partenopeo e per non voler passare da sfrenato liberista, a oggi, gran parte dell’evidenza disponibile dovrebbe rendere molto scettici sulla reale efficacia di un provvedimento potenzialmente gravoso per le tasche delle imprese, già sufficientemente provate dalla crisi. Cassa integrazione, sussidi di disoccupazione e altre forme di sostegno al reddito dei lavoratori sono imprescindibili nell’immediato, così come incentivi e sostegno alla formazione sia dei cassaintegrati sia di coloro ancora in cerca di lavoro potrebbero davvero migliorare le prospettive future di migliaia di persone. Gli slogan, per quanto accattivanti, servono solo per far prendere aria alla boccuccia del Panzanaro e Bugiardone napoletano . Ne ha presa anche troppa ed allora …gliela ho tappata !!
L'asino pisano non conosce Keynes e non conosce nemmeno l'italiano della traduzione. Il grande economista, che nessuno può tacciare di marxismo, nel discorso che ho citato esalta, perfino in modo enfatico e paradossale, il valore del tempo libero. Cita l'epitaffio di una serva, una donna invecchiata lavorando e che solo nella morte trovò il suo tempo liberato (per l'eternità). Individua un problema nuovo, una nuova malattia (siamo nel 1930): la disoccupazione tecnologica, le macchine che sottraggono lavoro, cioè pane, agli uomini. E lancia un monito per il futuro: dovremo adoperarci a far parti accurate di questo "pane" affinché il poco lavoro che ancora rimane sia distribuito fra quanta più gente possibile. La ricetta arriva al rigo successivo ed è semplice e chiara: Turni di tre ore e settimana lavorativa di quindici ore possono tenere a bada il problema per un buon periodo di tempo. Più chiaro di così... Keynes non usa esattamente le parole dello slogan comunista ma esprime esattamente il medesimo concetto:
LAVORARE MENO LAVORARE TUTTI.
Ed è il medesimo concetto espresso da Gloria Riva in questo articolo:
L'articolo non è in chiaro ma il titolo e le prime righe sono chiare. L'autrice esordisce, guarda caso, proprio parlando di Keyenes e del suo discorso del 1930, Prospettive economiche per i nostri nipoti. Sono appena 10 paginette, forse alla portata perfino dell'asino pisano.
Il quale ha citato dati faziosi e superati del secolo scorso. Vediamo qualche esempio di dati più recenti sugli effetti della riduzione degli orari di lavoro:
E vediamo cosa ne pensa l'autorevole sociologo prof. Domenico De Masi, che studia il problema da una vita (guardare anche il video):
Modificato da fosforo311Non ho mai capito la passione della stupida gallina pisana diversamente intelligente per le figure di mierda.
Ovviamente , e come avevo ampiamente previsto , il Cazzaro di Napoli , per la centesima volta , non risponde alla semplicissima domanda che gli pongo e che vado a riassumere per la centounesima volta :” Il Cazzaro napoletano citi una dichiarazione , un libro , un convegno , un congresso , un simposio , in cui l’economista Kejnes abbia affermato il postulato :” Lavorare meno , lavorare tutti “ . Ovviamente la risposta e’ scontata : MAI !! Ma nonostante ciò il Cazzaro insiste ed a distanza di 3/4 mesi la tira fuori di nuovo convinto come e’ di essere alla Barber Shop University di Carmine Petruzziello . Ma siccome il Cazzaro napoletano e’ pure un borioso e presuntuoso Panzanaro non vuole ammettere di aver messo in bocca all’economista una caga ta esistente solo nel contenitore del cervello più che vuoto della maschera campana . Kejnes nel 1930, si limitò a teorizzare , nello spazio di un secolo , la riduzione delle ore lavorative a 15 la settimana strutturate per 3 ore al giorno su una settimana lavorativa strutturata in 5 giorni lavorativi. Stop !! L’aggiunta Il “lavorare tutti “ e’ una aggiunta partorita da una mente labile come quella del Cazzaro a cui deve aggiungersi una discreta fetta di narcisismo negativo . Kejnes arrivava a quel risultato prendendo lo spunto che , nel frattempo , la tecnologia avrebbe consentito di far svolgere alle macchine tutta una serie di lavori fino ad allora manuali . Mai teorizzò la piena occupazione e mai, ripeto il mai , si pose come concetto di discussione metodi come la produttività ed i relativi incentivi , la contribuzione e la de contribuzione. Ovviamente il Cazzaro niente oppone al fatto che in nessun paese civile esiste “qualcosa” che assomigli a quella teoria . E non esiste nemmeno nonostante che manchino solo 8 anni alla scadenza del secolo . Niente dice sugli innumerevoli fallimenti di chi ha “tentato” qualcosa di simile . Il Cazzaro non parla più nemmeno della Finlandia dove a su detta , all’epoca , la leader di quel Paese aveva intrapreso quella prospettiva . Ovviamente non era vero niente , ma da quando la Finlandia si e’ dichiarata filoBiden , la sua leader , un tempo icona del Cazzaro , e’ caduta in disgrazia . Il “Lavorare tutti” e’ figlio di una mente turbata da concetti paracomunisti che non hanno riscontro in nessuna cultura democratica occidentale . La possiamo trovare solo in qualche staterello caraibico dove qualcuno lavora pochissimo ma ricevendo in cambio solo qualche noce di cocco ed un pugno di riso . Il Cazzaro viene quindi smentito per l’ennesima volta anche se debbo dire , almeno stavolta , la sua exit strategy e’ più dignitosa . Lo e’ quando , bontà sua , e’ costretto a dire testualmente ( alle ore 22 del 2/5/2022) che beh insomma :” Kejnes non usa esattamente le parole dello slogan comunista …”. Ma vah , Cazzaro !! Lo vedi che se ti applichi e se trovi qualcuno che ti bastona puoi arrivarci pure te !!
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