Gli Scacchi: gioco, sport, arte e scienza

Vengo dal forum di Politica e qui vorrei parlare di Scacchi. Sono un vecchio appassionato del nobil giuoco, che per qualche anno praticai anche a livello agonistico. Perché gli Scacchi non sono solo un gioco, molto istruttivo, divertente, coinvolgente, ma una disciplina sportiva a tutti gli effetti, riconosciuta dal CONI. Sono anche molto altro, come proverò a spiegare. L'ex campione del mondo Garry Kasparov, uno dei più forti scacchisti di sempre, diceva che gli Scacchi sono il gioco meno gioco che c'è.  Probabilmente sono lo sport che presenta più analogie con la politica. In effetti nacquero in India, circa 1500 anni fa, dove sembra che avessero anche finalità politiche o diplomatiche: una partita a scacchi tra i rappresentanti di fazioni o popolazioni locali poteva essere un modo incruento per risolvere un conflitto. In India ci sono gli elefanti, che venivano usati anche in battaglia (come fecero già Pirro e Annibale contro i Romani) e gli Scacchi sono una simulazione della guerra, con la scacchiera campo di battaglia, oggi diremmo un wargame. Ebbene, il pezzo che per noi oggi è l'Alfiere e per gli anglosassoni il Vescovo (Bishop), in origine era l'Elefante, e i russi lo chiamano tuttora così. Ma in battaglia si usavano anche la cavalleria, quindi il Cavallo o il Cavaliere (Knight), e il Carro da guerra, una sorta di carrarmato ante litteram, pezzo corrispondente all'attuale Torre o fortezza o rocca (Rook). Naturalmente c'erano pure i soldati appiedati, la fanteria, cioè i Pedoni. Dall'India, dove la partita si giocava in quattro, gli Scacchi si diffusero alla Persia dove acquisirono regole simili alle attuali. Scacco matto deriva dal persiano Shah mat: il Re è morto (o il Re è sconfitto secondo un'altra interpretazione). Naturalmente la morte del Re o del condottiero di uno dei due eserciti (i Bianchi e i Neri) implica la fine della guerra, cioè della partita. Infine gli Scacchi furono portati in Europa dagli Arabi. Non a caso le due aperture di partita tuttora più praticate, la Partita Spagnola e la Difesa Siciliana, si riferiscono ai due maggiori possedimenti arabi nell'Europa medievale. L'attuale Regina (o Donna o Dama) per gli Arabi era il Visir, cioè il Consigliere del Re. Ancora oggi una complessa e sottile manovra politica o militare o trattativa diplomatica viene spesso accostata al gioco degli scacchi. Se la manovra o la trattativa si arena in una situazione statica e senza uscite, si parla di "stallo", che è un'altra possibile conclusione della partita. Il Re in stallo non è direttamente minacciato, cioè non è sotto scacco, ma lui e i suoi pezzi non dispongono di mosse lecite e la partita è patta. Lo stallo può essere un'astuta risorsa per la parte soccombente o in difficoltà. Ricorda la tattica dilatoria messa in atto da Quinto Fabio Massimo, il "Temporeggiatore", contro Annibale nella seconda guerra punica. Molti famosi leader politici e militari erano appassionati di Scacchi: da Tamerlano a Ivan il Terribile, da Napoleone al generale Grant, da Mazzini a Cavour, da Lincoln a Churchill, da Che Guevara (forte giocatore) a Fidel Castro, da Lenin al generale Tito. Dopo il ritiro dall'agonismo Kasparov si diede all'attivismo politico diventando uno dei maggiori oppositori del regime di Putin. Nel 2007 fu arrestato e picchiato dalla polizia durante una manifestazione a Mosca. Ma gli Scacchi hanno anche un contenuto artistico, sebbene sia necessaria una certa conoscenza del gioco per apprezzarlo. Alcune mosse geniali e certe combinazioni tattiche eleganti, o anche piani strategici originali e di ampio respiro, hanno un indubbio valore estetico. Ci sono partite ricordate come autentici gioielli e opere d'arte. Molte di queste perle risalgono all'epoca romantica, vedasi per es. la "Partita Immortale" giocata nel 1851 tra Andersenn e Kieseritzky, o la "Sempreverde" del 1852 tra Andersenn e Dufresne. Le trovate ambedue su Wikipedia. Così come la cosiddetta "Partita del secolo", del 1956, un ricamo tattico straordinario in cui il mitico Bobby Fischer, col Nero contro il forte ed esperto maestro internazionale D. Byrne, sacrifica la Regina poi chiude il Re avversario in una micidiale rete di matto. All'epoca Fischer aveva appena 13 anni. Incidentalmente osservo che gli Scacchi sono davvero uno sport per tutte le età. Il nostro Enrico Paoli giocò il suo ultimo torneo internazionale a 96 anni, piazzandosi degnamente. Molti artisti hanno praticato gli Scacchi o li hanno rappresentati nelle loro opere. Il compositore russo Prokofiev era un fortissimo giocatore e soleva dire che gli Scacchi sono la musica della mente. Il compianto maestro Ennio Morricone fu giocatore agonista (raggiunse la seconda categoria nazionale) e riuscì nell'impresa di pattare una partita con l'ex campione del mondo Boris Spassky, sia pure in una esibizione in simultanea del russo su 26 scacchiere. Nel 1972 Spassky fu sfidato da Fischer per il titolo mondiale nel memorabile "Match del secolo". Si giocò (al meglio delle 24 partite) in campo neutro, in Islanda, ma si era in piena guerra fredda e il match fu caricato all'inverosimile di significati politici. Le due grandi potenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, impossibilitate per ovvi motivi ad affrontarsi a colpi di missili balistici a testata nucleare, se le diedero di santa ragione sulla scacchiera, per quasi due mesi sotto i riflettori dei media, in quello che Kasparov correttamente definisce il più violento di tutti gli sport. Non è violenza fisica ma in una partita a scacchi i contendenti impegnano le più alte qualità umane, l'intelligenza e la creatività, dunque - afferma Kasparov - per uno scacchista perdere è come morire. Tuttavia va detto che dopo quel match, vinto dall'americano, i due avversari diventarono il migliore amico l'uno dell'altro. Potete leggere in questa pagina la storia del match e la commovente lettera che Spassky indirizzò al presidente degli USA quando Fischer, molti anni dopo, fu arrestato in Giappone su mandato di cattura del governo americano per avere giocato il match di rivincita in Jugoslavia all'epoca dell'embargo:

https://www.radiobullets.com/rubriche/lincontro-del-secolo/

Grandi scrittori hanno scritto di scacchi e giocato a scacchi, Tolstoj, Borges, Garcia Marques e molti altri. Naturalmente anche il cinema si è occupato del gioco dei re. Gli esempi più famosi restano quelli di Stanley Kubrick e Ingmar Bergman. In 2001 Odissea nello spazio, capolavoro del 1968, l'astronauta gioca una partita con il computer di bordo HAL9000, venendone sconfitto. Kubrick era un perfezionista e la partita ne riproduce una realmente giocata in un torneo internazionale. All'epoca l'intelligenza artificiale era fantascienza, oggi una buona app per Android, tipo Stockfish, gioca a livello di grande maestro su qualsiasi smartphone o tablet, e su un hardware poco più potente può battere tranquillamente il campione del mondo. Negli scacchi la macchina ha da tempo superato l'uomo, ma poco male: a differenza degli sport motoristici, come la Formula1, la macchina non interviene nei confronti scacchistici tra umani e Marcell Jacobs non è certo sminuito nelle sue imprese se un piccolo scooter corre più forte di lui. Inoltre, quando gioca a scacchi in un certo senso il computer "bara". Il regolamento ovviamente vieta che un giocatore possa muovere i pezzi durante la partita, anche su altra scacchiera, per analizzare i possibili sviluppi (le varianti) a partire dalla posizione corrente e scegliere di conseguenza la mossa migliore. Ma il computer "muove" virtualmente i pezzi nella sua memoria interna, analizzando con opportuni algoritmi centinaia di migliaia o milioni di posizioni al secondo. Ne Il Settimo Sigillo di Bergman (1957) il protagonista, un cavaliere di ritorno dalle crociate nel suo paese infestato dalla peste, trova ad attenderlo sulla riva del mare la Morte. E allora la sfida a scacchi con la clausola di essere lasciato vivo fino a quando essa non riuscirà a vincerlo. La Morte accetta la sfida. E assistiamo a una delle scene più suggestive della storia del cinema. Una scena grandiosa, titanica: una metafora dell'Uomo che, con i poteri più grandi di cui dispone, l'intelligenza e la ragione, si oppone alle forze ineluttabili della Natura e del Destino. Gli Scacchi oggi sono senza dubbio anche una scienza. Sulle tre fasi della partita, apertura, mediogioco e finale, esiste una mole immensa di teoria: libri, riviste, database. La forza di un giocatore di alto livello dipende anche dalla sua conoscenza e dalla sua memoria, dalla sua capacità di aggiornarsi sugli sviluppi teorici e di contribuirvi egli stesso. In questo campo l'aiuto dei computer, delle loro analisi profonde e dei loro immensi database è prezioso. Oggi un giocatore dilettante ha la possibilità di accedere a una mole di dati che Fischer e perfino Kasparov neppure si sognavano. Per non parlare della stretta relazione tra gli Scacchi e gli studi sull'Intelligenza Artificiale (AI). La complessità e la profondità del gioco sono un ottimo banco di prova per gli algoritmi di AI. In particolare per testare la capacità di autoapprendimento delle macchine. L'esempio più famoso è Alphazero, un programma cui sono state date in input solo le regole del gioco. Dopodiché, giocando milioni di partite contro se stesso e imparando dai propri errori, Alphazero è diventato nel giro di ore il programma di scacchi più forte del mondo. Naturalmente, però, siamo ben lungi da una macchina capace di giocare in modo perfetto, ovvero di padroneggiare l'intero albero di gioco degli Scacchi. Si pensi che dopo la prima mossa del Bianco e del Nero si possono già determinare sulla scacchiera 400 posizioni legali diverse, 197.742 dopo la seconda, circa 119 milioni dopo la terza. L'esplosione combinatoria conduce rapidamente a cifre ben più che astronomiche. Negli anni '50 il grande matematico Claude Shannon stimò in circa 10^120 (10 elevato alla 120sima potenza, ovvero 1 seguito da 120 zeri) il numero di partite a scacchi diverse teoricamente giocabili. Che sarebbero già molte di più degli atomi contenuti in tutto l'universo osservabile (stimati nell'ordine di 10^80). Ma oggi si ritiene che la stima di Shannon fosse largamente errata per difetto. La stima più recente parla di 10^(10^50), ovvero 1 seguito da 10^50 zeri partite giocabili. Gli Scacchi, e qui mi fermo, sono anche psicologia! Il comportamento degli scacchisti è studiato dagli psicologi e dagli psicanalisti. Per la verità anche da pseudo-scienziati quali parapsicologi e ipnotizzatori. Nel 1981, nel corso del match per il titolo mondiale disputato a Merano, lo sfidante Victor Korcnoi, dissidente del regime sovietico ed esule, inforcò un paio di vistosi occhiali scuri a specchio per difendersi dagli sguardi di un ipnotizzatore seduto tra il pubblico in sala e secondo lui ingaggiato dal KGB per favorire la vittoria del detentore Anatoly Karpov. 

https://www.theguardian.com/sport/2016/jun/06/viktor-korchnoi-obituary

Uno dei più importanti libri di scacchi resta The psychology of the chess player (1967) di Reuben Fine, grande giocatore americano e psicologo. In effetti una partita a scacchi, a certi livelli, non è solo una guerra di intelletto e di conoscenza ma anche una guerra di nervi. In certe fasi della partita, specie quando si è sotto attacco e si è a corto di tempo sull'orologio (in torneo c'è un tempo limitato e predefinito per eseguire le mosse) il controllo della tensione nervosa è essenziale. La freddezza è una dote di tutti i più forti giocatori. I quali hanno anche la capacità, al momento opportuno. di giocare "di psicologia". Ovvero scegliere di proposito non la mossa migliore rispetto alla posizione ma una mossa sorprendente, strana, problematica o particolarmente aggressiva, per mettere in imbarazzo l'avversario. Ovviamente speculando sulla sua emotività da essere umano. Tuttavia, quando le macchine non erano forti come oggi, Garry Kasparov giocò e vinse con una mossa del genere contro Genius, uno dei migliori programmi dell'epoca. La partita fu analizzata mossa per mossa sulla rivista Torre & Cavallo e a un certo punto lessi il seguente irresistibile commento: il campione del mondo gioca di psicologia anche contro il computer!

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

1 messaggio in questa discussione

Si è concluso la settimana scorsa a Dubai il match per il titolo di campione del mondo di Scacchi. Il detentore, il 31enne GM (Grande Maestro) norvegese Magnus Carlsen, è stato sfidato dal coetaneo russo GM Ian Nepomniachtchi, vincitore un po' sorpresa del Torneo dei Candidati.

Apro subito un inciso. La Rai si occupa pochissimo del nobil giuoco e il cognome dello sfidante ha mandato in crisi il giornalista che ha curato il servizio del Tg1 sulla conclusione dell'evento. Lo ha pronunciato Nèpogniacci, mentre la pronuncia corretta è Nepòmniasci. Spesso abbreviato in Nepo. Ben maggiore è lo spazio dedicato agli Scacchi dai media di altri paesi europei. È un vero peccato perché si tratta di un gioco e di uno sport molto interessante ed istruttivo, praticabile a ogni età, e che grazie al gioco on line sta riconquistando una discreta popolarità anche da noi. 

Il match di Dubai, svolto nell'ambito delle manifestazioni per l'Expo Universale, era previsto al meglio delle 14 partite. Il tempo di riflessione era 2h a testa per le prime 40 mosse, più 60' per le successive 20, più ulteriori ed eventuali 15' per finire la partita con un abbuono di 30'' a mossa a partire dalla 61sima. Il montepremi era 2 milioni di euro, il 60% per il vincitore. 

Il match è iniziato all'insegna del massimo equilibrio, 5 patte consecutive ma combattute e interessanti anche sotto l'aspetto teorico. In questa fase lo sfidante è parso del tutto all'altezza del compito. Molto preparato sulle aperture e molto solido nel mediogioco, ha creato non poche difficoltà al campione del mondo, incapace di aprire una breccia. Anzi il sacrificio di pedone nella seconda partita, finalizzato a ottenere l'iniziativa, portava il norvegese vicino alla sconfitta. 

La svolta del match è stata la sesta partita. Una estenuante, memorabile maratona di 136 mosse, la partita più lunga nella storia dei campionati del mondo. Nell'avvicinarsi alla 40sima, cioè alla scadenza delle prime due ore, non essendo previsto l'incremento di 30 secondi, ambedue i giocatori, specie Carlsen, hanno commesso delle imprecisioni, non sfruttate dall'avversario. Alla fine si è determinato un finale di Re, Torre, Cavallo e due pedoni uniti per il Bianco (Carlsen), contro Re e Donna. Un finale certamente vantaggioso per il Bianco - l'unico a poter giocare per vincere, mentre il Nero deve difendersi e soffrire - ma a gioco corretto patto. 

Si trattava infatti di un finale di 7 pezzi e per tutti i finali con un massimo di 7 pezzi sulla scacchiera oggi disponiamo di database esaustivi. Sono le cosiddette tablebases, che contengono tutte le posizioni legali di matto o di patta per stallo che con i pezzi in oggetto si possono determinare sulla scacchiera. A partire da ciascuna di queste posizioni il computer effettua un'analisi retrograda fino a ritornare, se possibile, proprio alla posizione del finale oggetto di studio. Di conseguenza si può stabilire con certezza matematica se un dato finale è vinto (cioè conduce forzatamente al matto) per uno dei due colori oppure è patto, e stabilire, mossa per mossa, la migliore di ciascun giocatore per raggiungere la vittoria o la patta. In altri termini, un computer che ha in memoria le tablebases dei finali fino a 7 pezzi (ottimizzate occupano 18,4 terabytes) è in grado di giocare questi finali come Dio! 

Ritornando alla drammatica sesta partita, Nepo commetteva diverse imprecisioni, dovute alla stanchezza e alla tensione nervosa, ma alla 130sima mossa del Bianco il finale era ancora patto secondo le tablebases. L'errore decisivo di Nepo arrivava solo alla sua 130sima mossa, dopo quasi 8 ore di gioco! Errore prontamente punito dal campione del mondo che avanzava un pedone sulla sesta traversa verso la promozione, speculando su un attacco doppio di Cavallo a Re e Donna nera se questa l'avesse catturato. Da questa dolorosa  sconfitta Nepo non si è più ripreso, nel seguito il match non ha avuto storia. A riprova di quanto sia importante il fattore psicologico negli Scacchi, come accennavo nel post precedente. Carlsen si è limitato a giocare in modo solido e Nepo ha perso altre tre partite con altrettanti errori che possiamo definire madornali per giocatori di questo livello. E il norvegese si è aggiudicato il match con tre partite di anticipo. La freddezza e la solidità di Carlsen lo hanno premiato, il suo regno sul trono di Caissa (la dea degli Scacchi), iniziato nel 2013, continua.

Condividi questo messaggio


Link al messaggio
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per commentare

È necessario essere registrati per poter lasciare un messaggio

Crea un account

Non sei ancora iscritto? Registrati subito


Registra un nuovo account

Accedi

Hai già un account? Accedi qui.


Accedi ora