e se usassimo il sahara ?
Iniziata da
tiberio1946,
6 messaggi in questa discussione
25 minuti fa, ahaha.ha ha scritto:Sig Tiberio ha letto tutta sta roba
Sig. HaHaHa
certo che l'ho letta, altrimenti non l'avrei condivisa.
quello che c'é sottoterra si é formato in milioni di anni, noi lo ciucciamo da un centinaio e guardi che casini sta facendo
I raggi solari hanno miliardi di anni, altrettanti li hanno le onde dei mari e le folate di vento.
Energia perpetua fino all' esaurimento della nostra stella.
Se riusciamo a sfruttare questa energia potremo fare a meno di quella fossile, sig Tiberio.
Non sarà facile ma se mai si comincia mai si arriva.
L'autore del papello satirico ignora o finge di ignorare che la storia del pezzetto di Sahara sufficiente ad alimentare l'intero pianeta a energia solare serve solo a dare un'idea numerica dell'immenso e irrinunciabile potenziale dei deserti nella lotta epocale ai gas serra e al cambiamento climatico. Qualche anno fa un docente di ingegneria nucleare a Berkeley, nel contempo esperto (sul campo) anche di rinnovabili e centrali solari, intervenne su QUORA per rispondere alla seguente domanda:
La produzione energetica mondiale potrebbe essere interamente convertita al nucleare? E, nel caso, sarebbe questa una buona soluzione del problema del riscaldamento globale?
Il professore rispose negativamente. Anche ammesso di poter risolvere i problemi di sicurezza delle centrali, di approvvigionamento dell'uranio e di smaltimento delle scorie, la cosa non sarebbe fattibile per ragioni economiche ed ecologiche. Dove il problema ecologico del nucleare, secondo l'esperto, non sono solo le scorie radioattive ma soprattutto l'impatto ambientale della continua e ingente dispersione di calore di cui necessitano i reattori, equivalente al doppio della potenza elettrica generata. Nello stesso intervento il professore sottolineava che, al contrario, non solo è possibile ma è anche necessaria e inevitabile una conversione energetica globale e pressoché totale alle fonti rinnovabili. Secondo lui, in futuro l'energia atomica avrà un senso solo per "applicazioni di nicchia", per es. i voli spaziali e la propulsione dei sottomarini. Per corroborare la sua tesi eseguiva un calcoletto basato sul consumo globale di energia nel 2015, equivalente a 13 miliardi di tonnellate di petrolio (parlava dell'intero fabbisogno energetico, mentre nel papello si considera il solo fabbisogno elettrico). Questa energia equivale a 17,3 TW di potenza elettrica continua durante l'anno. Ebbene, il professore calcolava che con moduli fotovoltaici di moderata efficienza in commercio all'epoca, questa potenza poteva essere fornita da un'area equivalente a un quadrato di 335 km di lato di pannelli solari collocati nel deserto del Sahara, e ovviamente integrati con gli opportuni accumulatori di energia (es. a idrogeno verde) per le ore notturne. Questa superficie (112.000 kmq) è pari a circa l'1,2% dell'estensione del Sahara (9,2 milioni di kmq). Il costo di questa ipotetica centrale solare veniva stimato in 5.000 miliardi di dollari, cioè circa un decimo del costo dei nuovi reattori nucleari che sarebbero necessari per coprire l'intero fabbisogno energetico del pianeta, assunto un costo (ottimistico) di 3 miliardi di dollari per una centrale da 1 GW.
In realtà erano cifre puramente indicative, il professore non pensava realmente a una singola immensa centrale solare, tanto è vero che, al contrario dell'autore del papello, non considerava le aree di servizio, quelle destinate agli apparati ausiliari, al personale, etc. Né considerava le inevitabili perdite di energia nel trasporto dell'elettricità verso gli utilizzatori dei vari continenti. È ovvio che, anche a prescindere da questo problema, sarebbe impensabile e assurdo fare dipendere tutto l'approvvigionamento energetico del pianeta da una singola centrale solare. Peraltro la stima di (335x335) kmq di soli pannelli fotovoltaici va a mio avviso corretta al ribasso. Perché elettrificando tutti i consumi energetici si avrebbe un netto incremento dell'efficenza energetica globale e i consumi effettivi risulterebbero minori (di circa un terzo) dell'equivalente di 13 miliardi di tonnellate di petrolio. Inoltre il rendimento delle celle fotovoltaiche è cresciuto in pochi anni in modo significativo a parità di prezzo (mentre i costi del nucleare sono cresciuti a parità di potenza erogata). Il punto essenziale della questione è che i deserti, tutti non solo il Sahara, hanno un'irradiazione solare media annua ben maggiore delle aree non desertiche, quindi sono molto promettenti come aree di produzione abbondante e a basso costo di energia fotovoltaica e solare a concentrazione. Naturalmente ci sono i problemi segnalati anche nel papello, in primis il trasporto dell'energia su lunghe distanze e la sabbia che il vento del deserto tende a depositare sui pannelli fotovoltaici abbassandone il rendimento. Ma qui interviene la tecnologia. I cavi HVDC (High Voltage Direct Current) cioè ad alta tensione e corrente continua, anche quelli sottomarini, hanno perdite dell'ordine del 3% su 1000 km, sensibilmente inferiori a quelle delle più comuni linee a media o alta tensione e corrente alternata. Ancora più basse sono le perdite sulle più recenti linee UHVDC (Ultra-High Voltage Direct Current). Come per es. quella inaugurata tre anni fa in Cina, che trasporta 12 GW di potenza (in buona parte da fonti rinnovabili e sufficiente per alimentare 50 milioni di utenze domestiche) a 1.100 kV su una tratta di quasi 3.300 km. Un'altra linea del genere ma ancora più lunga è in progettazione per portare elettricità dal deserto australiano a Singapore. Nel papello si parla di un 50% di energia dissipata nella tratta di 5.000 km tra il Sahara e Berlino. A parte il fatto che Berlino dista molto meno di 5.000 km dalla Tunisia e dal Sahara settentrionale, dove già il Sole picchia forte, la dissipazione su una linea UHVDC sarebbe intorno al 10% o poco più. Anni fa lessi da qualche parte che il 90% dell'umanità vive a meno di 3.000 km in linea d'aria da un deserto. Il problema della sabbia è serio, abbassa la produzione fino al 40% negli impianti fotovoltaici nei deserti. Ma niente paura, c'è la tecnologia spaziale della NASA: la pulizia elettrostatica automatica dei pannelli solari, quella usata per proteggere dalla sabbia i lander a energia solare che gironzolano su Marte:
sembra la brutta copia di atlantropa
33 minuti fa, mylord611 ha scritto:sembra la brutta copia di atlantropa
Non follia pura perché le motivazioni c'erano: guadagnare terre emerse e usare le dighe di Gibilterra per produrre energia elettrica. Ma sempre follia era. Il Mediterraneo sarebbe diventato un gigantesco e salatissimo Mar Morto. I Greci la chiamavano hybris: la tracotanza e la presunzione dell'uomo di dominare la natura, cioè di sentirsi uguale a Dio.
Oggi si fanno proposte analoghe nella stessa materia: la geoingegneria. Per es. la cd. SRM: Solar Radiation Management. La motivazione folle è che non si vuole sfatare il mito della crescita senza fine. Quindi nessun freno alle emissioni di gas serra, nessun taglio di profitti ai petrolieri, ma la pretesa di poter schermare il pianeta dai raggi solari irrorando l'atmosfera con centinaia di migliaia di tonnellate di aerosol. Un effetto analogo a quello delle ceneri emesse nelle più esplosive eruzioni vulcaniche. Solo che le simulazioni mostrano che spruzzando gli aerosol in modo selettivo nelle diverse regioni del pianeta si potrebbe ottenere un effetto rinfrescante medio globale, ma concentrare gli effetti collaterali e disastrosi della "cura" (sconvolgimenti climatici, siccità senza precedenti) solo in determinate aree. Essendo una tecnologia per ricchi, è prevedibile che i ricchi sceglierebbero di disastrare le regioni più povere. Quindi clima fresco e mite in Europa, sugli USA e qualche altro privilegiato, e siccità, carestie e fame nera nei paesi che già soffrono la fame.
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Sig Tiberio ha letto tutta sta roba?
Se nelle profondità della terra ci sono energie che hanno fatto funzionare tutte le macchine esistite e fanno funzionare quelle esistenti,. vuole che non ci sia la possibilita' di imprigionare una energia in superficie che possa fare altrettanto e per tempi molto più lunghi?
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