Per il Sig auto da sabbia

Sig auto da sabbia oggi ho scoperto il testo che le ricopio qui sotto.

Sapendo che lei non si interessa solo di galline o di interessanti vignette, ma è un profondo studioso oltre che sopraffino ricercatore di argomenti scientifici e culturali, sperando che anche la poesia sia un argomento per lei interessante, le propongo quindi un interessante argomento su cui dibattere con gli specialisti del ramo.

Mi permetta solo di farle sapere che io non c'ho capito niente.

Ecco l'argomento.

LA REGOLA DELL’ENDECASILLABO

Il 21 marzo è stata la giornata mondiale della poesia. E io, che di poesia mi sono sempre professato un cultore (come sapete da alcuni articoli apparsi su questo blog) ho fatto una imperdonabile figuraccia. Ecco l’aneddoto. Convinto di potermi dare delle arie, mi sono ingegnato nel pensare una composizione poetica, di senso compiuto, che potesse stare in un tweet di Twitter, che come sapete consente al massimo l’impiego di 140 caratteri.
Così, partorisco un solo verso con l’ambizione di fulminare la brevità di “M’illumino / d’immenso” di Ungaretti (che però di versi ne contiene due, diversamente da quel che si crede). 
Il mio verso è: “Sussurrami sì”, giocato tutto sull’allitterazione. 
Fin qui, tutto bene. Sennonché, presentandolo, scrivo che è un quinario.  In effetti, la frase conta cinque sillabe: sus-sur-ra-mi-sì. Qualcuno però accorre subito a correggermi: non è un quinario, ma un senario. Tragicamente vero! Sono cinque sillabe, ma per una importante regola della metrica di cui non ho tenuto conto, tecnicamente rappresentano un senario. Mi cospargo il capo di cenere. Per espiare, ho promesso (in pubblico) che avrei subito scritto un post per spiegare perché un verso di cinque sillabe può essere un senario. Sarò breve e, spero, chiaro ed efficace. Non scappate e cercate di seguirmi.
 
La metrica italiana è un argomento di un fascino superlativo, su cui mi piacerebbe dilungarmi – cosa che non farò, a meno che non richiesto a gran voce da una sollevazione popolare. Tra le nozioni basilari c’è il fatto che il  nostro verso è caratterizzato dal numero delle sillabe e dal ritmo. L’unità metrica è la sillaba. Il ritmo è dato dalla posizione degli accenti. La scuola poetica siciliana fu la prima ad applicare il principio del conto sillabico, sull’esempio provenzale.
 
SEGUE

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13 messaggi in questa discussione

Mi fermo qui, e passo a divertirvi (e divertirmi) con un quiz. Che cosa significa “endecasillabo”? Potrei chiedere anche che cosa vuol dire quinario, senario, settenario, ottonario, novenario o decasillabo (citando i nomi dei principali versi italiani), ma prendo a esempio l’endecasillabo perché è il verso della Divina Commedia e tutti sanno citarne almeno uno, il primo: “Nel mezzo del cammin di nostra vita”. Chiedetelo in giro e quasi tutti vi diranno (ammesso che si cimentino nella risposta) che l’endecasillabo è un verso composto da undici sillabe. In effetti, “Nel mezzo del cammin di nostra vita” conta undici sillabe (contatele pure). Però, la risposta è sbagliata.
Ci sono versi della Divina Commedia che, pur essendo perfettamente endacasillabi, contano dieci sillabe. Altri, ne contando dodici. Ma potrebbero esserci endecasillabi di tredici, quattordici e perfino quindici sillabe.
 
Perché? Che cosa significa, dunque, “endacasillabo”?  Ecco, la regola è questa: si dice endecasillabo un verso che ha l’ultimo accento (il più importante nel ritmo di in un verso) sulla decima sillaba. Fate la prova con “Nel mezzo del cammin di nostra vita” e vedrete che l’ultimo accento cade sulla prima sillaba della parola “vita”, che è la decima. Segue la sillaba “ta”, che è l’undicesima. Dunque, poiché la maggioranza delle parole italiane hanno l’accento sulla penultima sillaba (la parola “accènto” ne è appunto un esempio),  e si chiamano piane (o parossitone), la maggioranza dei verso endecasillabi è appunto di undici sillabe. Sfogliate a caso i versi della Divina Commedia e vedrete che le ultime parole finiscono appunto con un accento sulla penultima sillaba (nella prima terzina, è il caso di “oscùra” e di “smarrìta”). 
 
SEGUE
 

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La regola vale anche per gli altri versi: un ottonario è un verso con l’ultimo accento sulla settima sillaba; un novenario ha l’ultimo accento sull’ottava sillaba, e via dicendo. Quando Cico (il buffo messicano amico di Zagor) canta “Ascoltate brava gente / il lamento del serpente” (la sua più nota composizione, messagli in bocca da Guido Nolitta sullo Zagor n°44), usa il metro tipico della filastrocca, l’ottonario,  e tutti i quattordici versi della sua canzone contano otto sillabe, avendo l’ultimo accento sulla settima, la penultima.
 
Ma in italiano ci sono anche parole che hanno l’accento sull’ultima sillaba, come “Gesù”, “così”, “perché”, “papà”, “però”. Queste parole si chiamano tronche, o ossitone. Se un verso della Divina Commedia finisse con una parola tronca, l’ultimo accento sarebbe sulla decima sillaba e non ne seguirebbero altre. Così, il verso sarebbe ugualmente un endecasillabo ma con dieci sillabe. Facciamo un esempio. 
 
Nel ventesimo canto dell’ Inferno, al verso 74, Dante scrive:
“Ciò che ‘n grembo a Benaco star non può”.
Dieci sillabe, endecasillabo tronco. Lo stesso vale per questo verso 
“Lucifero con Giuda, ci sposò” (Inferno, canto XXI, verso 143).
Contate, e vedrete che sono dieci sillabe, pur trattandosi di un endecasillabo. 
Infatti, ha l’ultimo accento sulla decima, ed è questo che conta.
La nostra lingua consente però anche parole con l’accento sulla terzultima sillaba. E’ appunto il caso della parola “sìllaba”. Potremmo aggiungerci  àttimi, péntole, còccole, àspidi, mètrica, bàratro, sìngolo, sèdano, fràgole, eccetera eccetera. Queste parole si dicono sdrùcciole, o proparossitone. Se un endecasillabo finisce con una parola si questo tipo, l’accento finale va sulla decima sillaba come a solito, ma subito dopo ce ne sono altre due: l’endecasillano avrà allora dodici sillabe.
“Seguendo il cielo sempre fu duràbile” (Paradiso, XXVI, verso 129).
Contate pure e vedrete da soli. L’accento resta in decima sede in ogni caso.
Cambiando poeta e tipo di verso, possiamo vedere come la regola si applica anche al settenario.
“Perché turbarmi l’ànima?”, scrive il Parini ne La vita rustica.
E’ un perfetto settenario ma con otto sillabe, ultimo accento in sesta sede.
 
Per amor di completezza, bisogna dire che l’italiano ha anche parole bisdrucciole, cioè con accento sulla quartultima sillaba: edìficano, dìtemelo, prèndimelo, andiàmocene, telèfonami, gòditelo. Se in qualche verso endecasillabo la parola finale fosse di questo tipo , avremmo un endecasillabo di tredici sillabe, come in questo esempio: “se morirò un dì pugnando, vendicami”.  La pianto qui e vi risparmio ulteriori lezioni sul ritmo giambico, trocaico o dattilico, così come sulla dialefe e la sinalefe o sulle forme delle strofe. Fino alla prossima volta in cui mi verrà voglia di farlo, ovviamente.
 

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Automobile, scimmia. Automobile, vettore, -, illustration., scimmia. |  CanStock

 

sig. R.d.M. - come vede Demetra ha comperato una auto nuova.

Oggi non sono in grado di "metricare il metrico" delle poesie.

 

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Mi perdoni sig auto da sabbia, non ho capito se non ha capito niente come me, oppure la poesia non le interessa.

Se non le interessa non si preoccupi, non tutti sono interessati ad esprimersi in versi endecasillabi, gli unici che possono farlo sono i toscani, non i toscani che si fumano, ma quelli che abitano in Toscana.

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29 minuti fa, ahaha.ha ha scritto:

Mi perdoni sig auto da sabbia, non ho capito se non ha capito niente come me, oppure la poesia non le interessa.

Se non le interessa non si preoccupi, non tutti sono interessati ad esprimersi in versi endecasillabi, gli unici che possono farlo sono i toscani, non i toscani che si fumano, ma quelli che abitano in Toscana.

se desideri rovesciarti dalle risate vai sul sito - off topic - e conoscerai la signorina - grazia - anche lei si esprime in versi e versetti, ma fa rovesciare dalle risate con le sue tovate assurde -  fammi sapere e buon divertimento (colei ha proprio bisogno di un buon "vibrato").- 

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Mi sonopisciato addosso dalle risate solo nel leggere le regole dell'endecasillabo, sig auto da sabbia, credo quindi che la signora Grazia mi scuserà se non vado a trovarla.

Piuttosto mi sembra che pure lei sia poco interessato all'endecasillabo, mi sbaglio?

Io invece ero convinto che ne fosse un cultore per mettere in difficoltà i compagni di lavoro dal fazzoletto rosso.

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endecasillabo - la decima sillaba - raba da dem/enti - mi scusi sig. Risata, io sono rinci/trullito semplice, per essere dem/enti specializzati occorre essere amici della chimica e fumarsi il monte fumaiolo. Oppure imitare la signorina del off topic e rovistare nella polverosa soffitta del nonno in cerca di libri rosicchiati. Generalmente sono un personaggio sonnacchioso, ma se mi versano il caffè dalla parte sbagliata mi viene il prurito alle ginocchia.

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Questa mi è nuova sig auto da sabbia, c'è anche una parte sbagliata nel versare il caffe'?

Le sarei grato se me lo dicesse, non riesco a trovare una scusa per liberarmi della vecchia badante e sostituirla con una più giovane che ho visto oggi in piazza.

Se me lo dice le offro il caffè lunedì prossimo a Podenzoi che ci devo portare il gallo a lisciare le piume.

 

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La divertente commedia dialettale "Badanti" in scena al Teatro Camploy  Eventi a Verona

il vecchietto in prima fila sono io; la ragazza dietro di me è mia sorella, la vecchietta è la vice sindaca, quella vestita di rosso che chiude la fila è la badante escquimese     "escquimese ....".

 

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Ciao Risata, poche sono le persone in grado di tenermi allegro (e di capire le vignette di mafalda) e per foruna tu sei uno di essi. Pensa che ci sono alcuni (pochi) personaggi che non riescono a capirle. Poverelli … poverelli non di soldi, ma di logica. Poi fanno i polemici con te e dicono che tu sei me. Occorre prenotare una visita ospedaliera e prescrivere un nuovo paio di occhiali girevoli. 

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