Morte di una promessa del calcio: l'insospettabile assassina presa dopo...

Leggo su un blog questa storia incredibile e la solita lentezza e inefficienza della giustizia che solo dopo 32 anni ha capito quello che forse si sarebbe potuto scoprire subito, leggete qui e ditemi che ne pensate...

Denis Bergamini era un calciatore del Cosenza che morì il 18 novembre 1989 a 27 anni in quello che sembrava essere un suicidio.
Trentadue anni dopo, invece, si è scoperto essere un omicidio commesso dalla sua ex fidanzata, Isabella Internò, oggi cinquantenne, che è stata rinviata a giudizio per omicidio premeditato.
La morte di Denis Bergamini, ritrovato esangue su una strada statale di Cosenza, era stato archiviato come suicidio, tesi avvalorata dalla sua fidanzata di allora e unica testimone oculare di quel terribile pomeriggio. A questa ipotesi, però, la famiglia del calciatore non aveva mai creduto, ritenendo che Denis fosse stato vittima di un omicidio. E omicidio fu.

Isabella Internò all’epoca era una studentessa di 19 anni e in concorso con altre persone aveva premeditato e messo in pratica l’omicidio del giocatore. Prima lo narcotizzò, poi lo asfissiò con una busta di plastica e infine lo adagiò senza più vita su una strada statale con l’intento di farlo investire da un autocarro e far credere a un suicidio.

Isabella aveva conosciuto Denis pochi mesi  dopo il suo arrivo nella squadra del Cosenza. La loro fu una relazione travagliata andata avanti per tre anni, nel corso della quale la ragazza rimase anche incinta, decidendo di abortire in una clinica di Londra, considerato che al quinto mese di gravidanza non era più possibile farlo legalmente in Italia. Nel 1989 la loro storia finì e la ragazza, soprannominata la mantide, confidò a una sua amica: “Piuttosto che saperlo di un’altra, preferisco che muoia…”.
Dieci giorni dopo il calciatore sarà effettivamente trovato morto. E adesso si è scoperto che a ucciderlo fu proprio la ragazza. Sorprende però che ci siano voluti trentadue anni prima di scoprire che quello del calciatore del Cosenza non era affatto un suicidio, ma un delitto che doveva essere perfetto. E che per tre decenni perfetto lo è stato per davvero.

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