Questa è farina del mio sacco, TESTADICAZZO....

Un giorno a un krucco gli ho chiesto: per cosa combattete? Mi ha detto per la libertà. 
Gli ho risposto, difatti a noi italiani ci hanno liberato i Padtigiani e gli americani....

Sallo anco tu....fascista dimerda.

 
Modificato da wronschi

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17 messaggi in questa discussione

Le Foibe sono una triste realtà che è purtroppo parte della storia del nostro dopoguerra e del lungo doloroso calvario delle popolazioni giuliano - dalmate. Ma non furono l'unico strumento della repressione e della pulizia etnica praticata dalla IV Armata jugoslava, dall'OZNA (la polizia politica titoista) e dai collaborazionisti italiani di fede comunista. Un Maresciallo della MDT (Milizia di Difesa Territoriale) fu sepolto vivo ad Aidussina nel giugno 1945 e lasciato morire lentamente con la sola testa fuori dalla terra. Una donna, arrestata nel maggio del 1945 perché suo fratello era stato iscritto al Partito Fascista Repubblicano, fu violentata da 18 partigiani slavi che le spezzarono le braccia perché non potesse difendersi; successivamente fu infoibata.
Vennero deportati e fatti scomparire tutti i feriti dell'Ospedale “Seminario Minore” di Gorizia (una settantina su tre autocarri). Altrettanto avvenne nell'Ospedale Militare di Trieste: una volta deportati, scomparvero. E lo stesso accadde nell'Ospedale Marino di Rovigno e nell'Ospedale Civile di Pola. Una mattanza!
Testimoni oculari riferirono che diversi italiani, feriti gravi, furono ammassati sull'impiantito di pietra del cosiddetto “ospedale” di Skofia Loka e picchiati selvaggiamente. Questo “ospedale” era stato ricavato in un antico, fatiscente castello. Privo di qualsiasi vera attrezzatura ospedaliera, era in realtà soltanto una sorta di angosciosa sala d'attesa della morte.
La macabra vicenda degli “infoibamenti“ fu tragicamente integrata da uno spaventoso, allucinante sistema di campi di sterminio, in cui si moriva di fame, di freddo, di dissenteria, di tifo, ma anche in seguito a fucilazioni sommarie, ad atroci torture o ad autentici omicidi, compiuti sotto gli occhi degli internati per distruggere le loro condizioni morali e la loro resistenza fisica e psicologica.
I crimini della polizia e dei militari “titoisti” si ripeterono a partire dal maggio-giugno 1945 e si protrassero per anni nei territori occupati. Menti lucide nel pianificare lo sterminio degli “italiani”, arrivarono a studiare modalità di “esecuzioni” elaborate per infliggere il massimo della sofferenza ed essere d'esempio ai superstiti. Come accadde ai duecento prigionieri costretti a scendere nella miniera di Pozzo Littorio (Arsia) e lasciati morire d'inedia, di sete, di disperazione, in una galleria da cui nessuno tornò.
O come fu fatto per gli oltre duecento prigionieri, militari, civili, donne, giovani, vecchi, soldati italiani e tedeschi, strettamente ammanettati con filo di ferro ed ammassati nella fatiscente nave cisterna “Lina Campanella” che il 21 maggio 1945 fu fatta saltare su uno sbarramento di mine magnetiche. Prima, i partigiani di guardia e gli altri slavi dell'equipaggio avevano abbandonato la nave, lasciando che la vecchia carretta si inabissasse. Alcuni prigionieri fecero in tempo a sciogliere i legacci di filo di ferro e si lanciarono in mare. In parte, coloro che riuscirono a raggiungere la riva furono sommariamente uccisi, mentre altri furono avviati ai campi di prigionia.

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32 minuti fa, director12 ha scritto:

Le Foibe sono una triste realtà che è purtroppo parte della storia del nostro dopoguerra e del lungo doloroso calvario delle popolazioni giuliano - dalmate. Ma non furono l'unico strumento della repressione e della pulizia etnica praticata dalla IV Armata jugoslava, dall'OZNA (la polizia politica titoista) e dai collaborazionisti italiani di fede comunista. Un Maresciallo della MDT (Milizia di Difesa Territoriale) fu sepolto vivo ad Aidussina nel giugno 1945 e lasciato morire lentamente con la sola testa fuori dalla terra. Una donna, arrestata nel maggio del 1945 perché suo fratello era stato iscritto al Partito Fascista Repubblicano, fu violentata da 18 partigiani slavi che le spezzarono le braccia perché non potesse difendersi; successivamente fu infoibata.
Vennero deportati e fatti scomparire tutti i feriti dell'Ospedale “Seminario Minore” di Gorizia (una settantina su tre autocarri). Altrettanto avvenne nell'Ospedale Militare di Trieste: una volta deportati, scomparvero. E lo stesso accadde nell'Ospedale Marino di Rovigno e nell'Ospedale Civile di Pola. Una mattanza!
Testimoni oculari riferirono che diversi italiani, feriti gravi, furono ammassati sull'impiantito di pietra del cosiddetto “ospedale” di Skofia Loka e picchiati selvaggiamente. Questo “ospedale” era stato ricavato in un antico, fatiscente castello. Privo di qualsiasi vera attrezzatura ospedaliera, era in realtà soltanto una sorta di angosciosa sala d'attesa della morte.
La macabra vicenda degli “infoibamenti“ fu tragicamente integrata da uno spaventoso, allucinante sistema di campi di sterminio, in cui si moriva di fame, di freddo, di dissenteria, di tifo, ma anche in seguito a fucilazioni sommarie, ad atroci torture o ad autentici omicidi, compiuti sotto gli occhi degli internati per distruggere le loro condizioni morali e la loro resistenza fisica e psicologica.
I crimini della polizia e dei militari “titoisti” si ripeterono a partire dal maggio-giugno 1945 e si protrassero per anni nei territori occupati. Menti lucide nel pianificare lo sterminio degli “italiani”, arrivarono a studiare modalità di “esecuzioni” elaborate per infliggere il massimo della sofferenza ed essere d'esempio ai superstiti. Come accadde ai duecento prigionieri costretti a scendere nella miniera di Pozzo Littorio (Arsia) e lasciati morire d'inedia, di sete, di disperazione, in una galleria da cui nessuno tornò.
O come fu fatto per gli oltre duecento prigionieri, militari, civili, donne, giovani, vecchi, soldati italiani e tedeschi, strettamente ammanettati con filo di ferro ed ammassati nella fatiscente nave cisterna “Lina Campanella” che il 21 maggio 1945 fu fatta saltare su uno sbarramento di mine magnetiche. Prima, i partigiani di guardia e gli altri slavi dell'equipaggio avevano abbandonato la nave, lasciando che la vecchia carretta si inabissasse. Alcuni prigionieri fecero in tempo a sciogliere i legacci di filo di ferro e si lanciarono in mare. In parte, coloro che riuscirono a raggiungere la riva furono sommariamente uccisi, mentre altri furono avviati ai campi di prigionia.

Nei campi di concentramento nazisti, venne effettuata sperimentazione umana usando come cavie i deportati. Tali esperimenti sono stati ritenuti crudeli, al pari di quelli operati nello stesso periodo dall'Unità 731 dell'esercito giapponese, e per questo medici e amministratori coinvolti furono condannati per crimini contro l'umanità in alcuni Processi secondari di Norimberga. I fini dichiarati erano in molti casi quello di verificare la resistenza umana in condizioni estreme o di sperimentare degli antinfiammatori, ma in alcuni casi i fini non sono riconducibili ad altro che alla perversione del personale medico. Di seguito alcuni esempi tra gli esperimenti condotti con maggiore frequenza.

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12 minuti fa, wronschi ha scritto:

Nei campi di concentramento nazisti, venne effettuata sperimentazione umana usando come cavie i deportati. Tali esperimenti sono stati ritenuti crudeli, al pari di quelli operati nello stesso periodo dall'Unità 731 dell'esercito giapponese, e per questo medici e amministratori coinvolti furono condannati per crimini contro l'umanità in alcuni Processi secondari di Norimberga. I fini dichiarati erano in molti casi quello di verificare la resistenza umana in condizioni estreme o di sperimentare degli antinfiammatori, ma in alcuni casi i fini non sono riconducibili ad altro che alla perversione del personale medico. Di seguito alcuni esempi tra gli esperimenti condotti con maggiore frequenza.

Fu proprio in questi campi che si concluse la peggiore, straziante, lenta agonia di italiani della Dalmazia, dell'Istria, della Venezia Giulia e di altre regioni d'Italia (in specie pubblici funzionari e militari), caduti nelle mani dei titini: si trattava di veri e propri campi di sterminio, sparsi in tutto il territorio della ex Jugoslavia. Le “eliminazioni” cominciavano già dallo smistamento e proliferavano durante le traduzioni da un campo all'altro che spesso avvenivano solo per mostrare alle popolazioni (secondo la logica della propaganda di regime) il valore espresso dai partigiani dell'esercito jugoslavo di “liberazione” nel fare un numero così elevato di prigionieri.
Le “traduzioni” avvenivano in fatiscenti autocarri, ma più spesso a piedi, con i detenuti costretti a camminare scalzi, privati dei vestiti, digiuni, strettamente legati ai polsi ed alle braccia con il filo di ferro; i più deboli cadevano esausti e venivano finiti col cranio spaccato dal calcio di un fucile o con il classico colpo alla nuca. Chi si fermava per soccorrere un camerata od un amico caduto, veniva ucciso sul posto.
Racconta Ezio Sambo, un testimone di Chioggia, che un anziano di Cormons faticava a camminare ed era per questo sostenuto dalla moglie che aveva voluto seguirlo a tutti i costi. Ad un certo punto l'uomo si accasciò al suolo sfinito: fu ucciso sotto gli occhi della donna.
A Trieste nel maggio-giugno 1945 le bande titine instaurarono un centro di tortura dove gli italiani detenuti venivano sottoposti alle più efferate sevizie: erano bastonati selvaggiamente, costretti a bastonarsi a vicenda, a mettere la testa nel bugliolo degli escrementi, fino ad essere ridotti a stracci senza vita; quindi scomparivano “in foiba”.
I sopravvissuti non infoibati vennero rinchiusi, tra gli altri, nel campo di smistamento della “Risiera di San Sabba” (già utilizzato come tale durante l’occupazione tedesca), anticamera di un complesso e sconvolgente sistema di sterminio, dove si moriva letteralmente di fame; i prigionieri, spesso senza cibo, erano costretti a raccogliere l'erba che trovavano, e, quando potevano, la facevano bollire. I residui della mensa dei partigiani slavi venivano avvelenati e poi dati in pasto ai malcapitati detenuti, con le conseguenze che è facile immaginare.
Ad un prigioniero del famigerato lager di Borovnica furono strappati gli occhi; alla sera, venne fucilato in quanto i suoi lamenti strazianti infastidivano i torturatori. Ad un altro italiano prigioniero furono strappati lembi di carne dalle cosce e si sparse il sale sulle lacerazioni.
In queste condizioni la morte era spesso un sollievo. I morti venivano portati via su di un carretto e sepolti in fosse comuni nelle vicinanze: nessun registro, nessun appunto, nessuna notizia per le famiglie, che per anni sono state costrette a vivere nell'incertezza sulla sorte dei loro congiunti.
La Croce Rossa non esisteva. Ed i fucilati per disobbedienza, o per aver rubato una patata o una cipolla, venivano gettati nello sterco delle latrine da campo ed era consentito soltanto che fossero ricoperti di terra mentre si scavava accanto un nuovo fosso da latrina. La stessa fine faceva il corpo di chi, sfinito dagli stenti, non si reggeva in equilibrio sull'asse posto a traverso del fosso e vi cadeva dentro affogandovi, senza che ad alcuno fosse permesso di soccorrerlo. Nel campo di Borovnica morivano, in media, dai sei ai sette prigionieri al giorno, di fame, di dissenteria, di freddo, di stenti, oltre che in seguito a torture.
Ma in questi campi si doveva anche lavorare per 12 ore al giorno: fatiche estenuanti, a tagliar legna nei boschi, con accette e seghe a mano, a scavare con martelli e scalpelli a mano nelle cave, a costruire strade, ponti e ferrovie nel gelo dell'inverno balcanico, appena ricoperti da brandelli di vestiti estivi, molto spesso senza scarpe, con i piedi nella neve.
Un vero “lager” di sterminio fu la cosiddetta “ferrovia della Giovinezza”, fiancheggiata dalle fosse dei prigionieri e dei “volontari” morti di stenti e di fatica. Altri lugubri campi furono quelli di Maribor e di Prestrane, e le carceri di Lubiana.

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6 minuti fa, director12 ha scritto:

Fu proprio in questi campi che si concluse la peggiore, straziante, lenta agonia di italiani della Dalmazia, dell'Istria, della Venezia Giulia e di altre regioni d'Italia (in specie pubblici funzionari e militari), caduti nelle mani dei titini: si trattava di veri e propri campi di sterminio, sparsi in tutto il territorio della ex Jugoslavia. Le “eliminazioni” cominciavano già dallo smistamento e proliferavano durante le traduzioni da un campo all'altro che spesso avvenivano solo per mostrare alle popolazioni (secondo la logica della propaganda di regime) il valore espresso dai partigiani dell'esercito jugoslavo di “liberazione” nel fare un numero così elevato di prigionieri.
Le “traduzioni” avvenivano in fatiscenti autocarri, ma più spesso a piedi, con i detenuti costretti a camminare scalzi, privati dei vestiti, digiuni, strettamente legati ai polsi ed alle braccia con il filo di ferro; i più deboli cadevano esausti e venivano finiti col cranio spaccato dal calcio di un fucile o con il classico colpo alla nuca. Chi si fermava per soccorrere un camerata od un amico caduto, veniva ucciso sul posto.
Racconta Ezio Sambo, un testimone di Chioggia, che un anziano di Cormons faticava a camminare ed era per questo sostenuto dalla moglie che aveva voluto seguirlo a tutti i costi. Ad un certo punto l'uomo si accasciò al suolo sfinito: fu ucciso sotto gli occhi della donna.
A Trieste nel maggio-giugno 1945 le bande titine instaurarono un centro di tortura dove gli italiani detenuti venivano sottoposti alle più efferate sevizie: erano bastonati selvaggiamente, costretti a bastonarsi a vicenda, a mettere la testa nel bugliolo degli escrementi, fino ad essere ridotti a stracci senza vita; quindi scomparivano “in foiba”.
I sopravvissuti non infoibati vennero rinchiusi, tra gli altri, nel campo di smistamento della “Risiera di San Sabba” (già utilizzato come tale durante l’occupazione tedesca), anticamera di un complesso e sconvolgente sistema di sterminio, dove si moriva letteralmente di fame; i prigionieri, spesso senza cibo, erano costretti a raccogliere l'erba che trovavano, e, quando potevano, la facevano bollire. I residui della mensa dei partigiani slavi venivano avvelenati e poi dati in pasto ai malcapitati detenuti, con le conseguenze che è facile immaginare.
Ad un prigioniero del famigerato lager di Borovnica furono strappati gli occhi; alla sera, venne fucilato in quanto i suoi lamenti strazianti infastidivano i torturatori. Ad un altro italiano prigioniero furono strappati lembi di carne dalle cosce e si sparse il sale sulle lacerazioni.
In queste condizioni la morte era spesso un sollievo. I morti venivano portati via su di un carretto e sepolti in fosse comuni nelle vicinanze: nessun registro, nessun appunto, nessuna notizia per le famiglie, che per anni sono state costrette a vivere nell'incertezza sulla sorte dei loro congiunti.
La Croce Rossa non esisteva. Ed i fucilati per disobbedienza, o per aver rubato una patata o una cipolla, venivano gettati nello sterco delle latrine da campo ed era consentito soltanto che fossero ricoperti di terra mentre si scavava accanto un nuovo fosso da latrina. La stessa fine faceva il corpo di chi, sfinito dagli stenti, non si reggeva in equilibrio sull'asse posto a traverso del fosso e vi cadeva dentro affogandovi, senza che ad alcuno fosse permesso di soccorrerlo. Nel campo di Borovnica morivano, in media, dai sei ai sette prigionieri al giorno, di fame, di dissenteria, di freddo, di stenti, oltre che in seguito a torture.
Ma in questi campi si doveva anche lavorare per 12 ore al giorno: fatiche estenuanti, a tagliar legna nei boschi, con accette e seghe a mano, a scavare con martelli e scalpelli a mano nelle cave, a costruire strade, ponti e ferrovie nel gelo dell'inverno balcanico, appena ricoperti da brandelli di vestiti estivi, molto spesso senza scarpe, con i piedi nella neve.
Un vero “lager” di sterminio fu la cosiddetta “ferrovia della Giovinezza”, fiancheggiata dalle fosse dei prigionieri e dei “volontari” morti di stenti e di fatica. Altri lugubri campi furono quelli di Maribor e di Prestrane, e le carceri di Lubiana.

vae_victis.jpg

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2 minuti fa, cortomaltese-*** ha scritto:

vae_victis.jpg

Si trattava di un sistema concentrazionario soltanto apparentemente scoordinato, ma in realtà attentamente pianificato, fatto di campi di lavoro e di sterminio per lenta - ma non sempre lenta – consunzione, come quelli già citati di Borovnica e di Skofia Loka, un “Ospedale” lager per moribondi dove un giovane di un metro e ottanta di altezza era ridotto a pesare quaranta chili.
Nel campo “di lavoro” di Buccari, presso Fiume, si infliggevano continue e sistematiche torture; ciò accadeva anche in tanti altri lager situati, nel numero di alcune decine, in tutto il territorio della Repubblica federativa. Basti citare, tra i più noti, quelli di Bistrica, Delnice, Grobnico, Karlovac, Lepoglava, Mitrovica, Spalato. Non meno infausto era il destino dei prigionieri nelle miniere di carbone, dove sofferenze e sevizie erano analoghe.
Il terrore che regnava in questi campi di sterminio serviva come deterrente anche per le etnie che da sempre mordevano il freno all'interno della stessa Jugoslavia. Perciò, fin dall'inizio, fu data via libera alla massima ferocia.
La strategia del terrore doveva tenere in piedi il regime comunista; era il collante del titoismo nato dalla guerra di “liberazione” e nello stesso tempo contribuiva a “snazionalizzare” velocemente i territori abitati da popolazioni di lingua italiana. La ferocia, in sostanza, portava risultati concreti al regime comunista che necessitava di un rapido consolidamento.
Non pochi prigionieri italiani che riuscirono a sopravvivere a stenti e nefandezze furono trattenuti fino al 1954 ed in qualche caso anche oltre.
Come era stato cinicamente preordinato, fin dai primi tragici episodi di efferate persecuzioni il terrore si era diffuso in maniera generalizzata in Dalmazia, a Fiume, in Istria. E fu l'esodo forzato che tutti conosciamo: 350 mila italiani lasciarono la terra natale, le proprietà, il lavoro, le testimonianze della loro storia, i monumenti, le opere d'arte, e le spoglie dei propri cari in cimiteri che sarebbero rimasti disperatamente senza croci.

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54 minuti fa, director12 ha scritto:

Le Foibe sono una triste realtà che è purtroppo parte della storia del nostro dopoguerra e del lungo doloroso calvario delle popolazioni giuliano - dalmate. Ma non furono l'unico strumento della repressione e della pulizia etnica praticata dalla IV Armata jugoslava, dall'OZNA (la polizia politica titoista) e dai collaborazionisti italiani di fede comunista. Un Maresciallo della MDT (Milizia di Difesa Territoriale) fu sepolto vivo ad Aidussina nel giugno 1945 e lasciato morire lentamente con la sola testa fuori dalla terra. Una donna, arrestata nel maggio del 1945 perché suo fratello era stato iscritto al Partito Fascista Repubblicano, fu violentata da 18 partigiani slavi che le spezzarono le braccia perché non potesse difendersi; successivamente fu infoibata.
Vennero deportati e fatti scomparire tutti i feriti dell'Ospedale “Seminario Minore” di Gorizia (una settantina su tre autocarri). Altrettanto avvenne nell'Ospedale Militare di Trieste: una volta deportati, scomparvero. E lo stesso accadde nell'Ospedale Marino di Rovigno e nell'Ospedale Civile di Pola. Una mattanza!
Testimoni oculari riferirono che diversi italiani, feriti gravi, furono ammassati sull'impiantito di pietra del cosiddetto “ospedale” di Skofia Loka e picchiati selvaggiamente. Questo “ospedale” era stato ricavato in un antico, fatiscente castello. Privo di qualsiasi vera attrezzatura ospedaliera, era in realtà soltanto una sorta di angosciosa sala d'attesa della morte.
La macabra vicenda degli “infoibamenti“ fu tragicamente integrata da uno spaventoso, allucinante sistema di campi di sterminio, in cui si moriva di fame, di freddo, di dissenteria, di tifo, ma anche in seguito a fucilazioni sommarie, ad atroci torture o ad autentici omicidi, compiuti sotto gli occhi degli internati per distruggere le loro condizioni morali e la loro resistenza fisica e psicologica.
I crimini della polizia e dei militari “titoisti” si ripeterono a partire dal maggio-giugno 1945 e si protrassero per anni nei territori occupati. Menti lucide nel pianificare lo sterminio degli “italiani”, arrivarono a studiare modalità di “esecuzioni” elaborate per infliggere il massimo della sofferenza ed essere d'esempio ai superstiti. Come accadde ai duecento prigionieri costretti a scendere nella miniera di Pozzo Littorio (Arsia) e lasciati morire d'inedia, di sete, di disperazione, in una galleria da cui nessuno tornò.
O come fu fatto per gli oltre duecento prigionieri, militari, civili, donne, giovani, vecchi, soldati italiani e tedeschi, strettamente ammanettati con filo di ferro ed ammassati nella fatiscente nave cisterna “Lina Campanella” che il 21 maggio 1945 fu fatta saltare su uno sbarramento di mine magnetiche. Prima, i partigiani di guardia e gli altri slavi dell'equipaggio avevano abbandonato la nave, lasciando che la vecchia carretta si inabissasse. Alcuni prigionieri fecero in tempo a sciogliere i legacci di filo di ferro e si lanciarono in mare. In parte, coloro che riuscirono a raggiungere la riva furono sommariamente uccisi, mentre altri furono avviati ai campi di prigionia.

Quanti svizzeri sono finiti nelle foibe ?

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4 minuti fa, cortomaltese-*** ha scritto:

Quanti svizzeri sono finiti nelle foibe ?

a me  lo chiedi? chiedi al panzone nullafacente...vabè..lo sei pure tu..ma chiedi all'altro

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1 minuto fa, director12 ha scritto:

Si trattava di un sistema concentrazionario soltanto apparentemente scoordinato, ma in realtà attentamente pianificato, fatto di campi di lavoro e di sterminio per lenta - ma non sempre lenta – consunzione, come quelli già citati di Borovnica e di Skofia Loka, un “Ospedale” lager per moribondi dove un giovane di un metro e ottanta di altezza era ridotto a pesare quaranta chili.
Nel campo “di lavoro” di Buccari, presso Fiume, si infliggevano continue e sistematiche torture; ciò accadeva anche in tanti altri lager situati, nel numero di alcune decine, in tutto il territorio della Repubblica federativa. Basti citare, tra i più noti, quelli di Bistrica, Delnice, Grobnico, Karlovac, Lepoglava, Mitrovica, Spalato. Non meno infausto era il destino dei prigionieri nelle miniere di carbone, dove sofferenze e sevizie erano analoghe.
Il terrore che regnava in questi campi di sterminio serviva come deterrente anche per le etnie che da sempre mordevano il freno all'interno della stessa Jugoslavia. Perciò, fin dall'inizio, fu data via libera alla massima ferocia.
La strategia del terrore doveva tenere in piedi il regime comunista; era il collante del titoismo nato dalla guerra di “liberazione” e nello stesso tempo contribuiva a “snazionalizzare” velocemente i territori abitati da popolazioni di lingua italiana. La ferocia, in sostanza, portava risultati concreti al regime comunista che necessitava di un rapido consolidamento.
Non pochi prigionieri italiani che riuscirono a sopravvivere a stenti e nefandezze furono trattenuti fino al 1954 ed in qualche caso anche oltre.
Come era stato cinicamente preordinato, fin dai primi tragici episodi di efferate persecuzioni il terrore si era diffuso in maniera generalizzata in Dalmazia, a Fiume, in Istria. E fu l'esodo forzato che tutti conosciamo: 350 mila italiani lasciarono la terra natale, le proprietà, il lavoro, le testimonianze della loro storia, i monumenti, le opere d'arte, e le spoglie dei propri cari in cimiteri che sarebbero rimasti disperatamente senza croci.

56 milioni di morti, di cui circa 10.000 nelle foibe istriane.

Sono tutti sul conto del Fuhrer, del Duce e dell'Imperatore.

I morti della seconda guerra mondiale sono sul conto di chi ha sparato per primo.

Ricordalo, fascioleghista dimmerda.

          EVVIVA

IL 29 APRILE 1945

 
 
File:Mussolini e Petacci a Piazzale Loreto, 1945.jpg
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1 ora fa, director12 ha scritto:

a me  lo chiedi? chiedi al panzone nullafacente...vabè..lo sei pure tu..ma chiedi all'altro

Zero. Nessun cittadino svizzero venne ucciso dalla vendetta degli Yugoslavi.

La Svizzera mica aveva invaso la Yugoslavia e massacrato gli slavi per quattro anni !

Le ho già spiegato che se lei viene armato in casa mia, ed io respingo la sua aggressione......poi arrivo a casa sua e magari strozzo il canarino innocente.....e le brucio il gatto.

Ci vuol tanto a capire che se noi italiani ce ne stavamo neutrali (come seppe fare il fascista spagnolo Francisco Franco ), non sarebbero esistite né le bombe anglo-americane, né le foibe titine ??

Ma noi avevamo un Duce, ansioso di lekkare il kulo al Fuhrer tedesco nazista......

Modificato da cortomaltese-im

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4 ore fa, cortomaltese-*** ha scritto:

Ma noi avevamo un Duce, ansioso di lekkare il kulo al Fuhrer tedesco nazista......

Una testa di ***, che aveva bisogno di "un milione di morti" per sedersi al tavolo della pace..ed al momento giusto, come i suoi subalterni, da buon vigliacco fuggi.

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9 ore fa, sempre135 ha scritto:

Una testa di ***, che aveva bisogno di "un milione di morti" per sedersi al tavolo della pace..ed al momento giusto, come i suoi subalterni, da buon vigliacco fuggi.

Invece lo scem.o in tempo di pace ha fatto un milione e mezzo di  lavoratori in MENO..indovina chi ?

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A Cogoleto ieri, giornata della memoria, tre consiglieri comunali hanno espresso il loro voto sulla pratica del bilancio cosi, con il saluto romano. Piu'volte 
E' una situazione inaudita, accaduta nelle istituzioni democratiche e antifasciste, che sono state profondamente offese dal gesto.
Credo che le autorita' preposte debbano intervenire per condannare questo gesto

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Ieri sera, nel comune di Cogoleto (provincia di Genova), è avvenuta una cosa molto grave, una scena assolutamente vergognosa ad opera di alcuni esponenti della minoranza. 

Si tratta di gesti (il saluto romano) che devono essere sempre, con forza, condannati, soprattutto quando avvengono in un'aula di Consiglio Comunale e, come se non bastasse, nel giorno della Memoria!

Il video della diretta del Consiglio comunale parla da sé e invito tutti i Cittadini a prenderne visione. 

La mia speranza è che un fatto del genere non debba mai più accadere.

Stefano Damonte

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Leu: avanti con Conte e allargare      
 "Abbiamo comunicato al presidente Mat- 
 tarella la nostra disponibilità a pro- 
 seguire l'esperienza di governo con il 
 presidente Conte, fondata sull'alleanza
 tra M5S, Pd e Leu e che possa allargar-
 si a chi crede nei valori costituziona-
 li ed in una Ue solidale". Così Forna- 
 ro, di Leu, al termine dell'incontro al
 Quirinale per le consultazioni.        

 Conte è "il punto più alto di equili-  
 brio". Ora occorre muoversi per "step".
 Questa è una crisi, ha aggiunto, che   
 gli italiani "continuano a non capire" 
 e che "non aiuta il Paese". Non servono
 "veti", ma "senso di responsabilità".  

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13 ore fa, pm610 ha scritto:

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Occhio che  ora arriva Director con  e allora  Stalin 🤔

🤣

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